Premierato, Guzzetta: “Non condivido il costituzionalismo militante. La politica instabile giova solo ai trasformisti

20 Giu 2024 8:41 - di Natalia Delfino
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“Difficile dire che una legge che applica una norma costituzionale sia contraria alla Costituzione. Soprattutto in un Paese in cui Regioni che hanno ‘condizioni particolari di autonomia’, le Regioni a statuto speciale, già esistono”. Il costituzionalista Giovanni Guzzetta non si unisce al coro di quanti, anche tra i suoi colleghi, sventolano profili di incostituzionalità dell’Autonomia e parlano di impugnazione davanti alla Consulta. Un “costituzionalismo militante” che Guzzetta spiega di non condividere, parlando in particolare del premierato in cui non riconosce alcun pericolo di svuotamento dei poteri del Parlamento e del presidente della Repubblica.

Guzzetta: “L’Autonomia è un’opportunità anche per il Sud”

Per il giurista l’Autonomia non è affatto uno schiaffo al Meridione, come vanno dicendo i detrattori, ma “un’opportunità anche per il Sud”. “Intanto  – ha spiegato in un’intervista a Libero – perché colma una grande lacuna di cui la classe politica è gravemente colpevole: non avere, nei ventitré anni che ci separano dall’approvazione della riforma del titolo V della Costituzione, messo mano a una definizione organica dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti costituzionali che debbono essere garantiti a tutti sul territorio nazionale. Avere subordinato l’avvio del processo di autonomia differenziata alla previa definizione di questi “Lep”, come fa la legge Calderoli, mi sembra una scelta molto responsabile”.

Quegli allarmi da chi “non conosce nemmeno il testo della riforma”

“La cosa che più mi stupisce di questo dibattito è che spesso chi ne parla, e magari si straccia le vesti, non conosca nemmeno il testo della riforma. Basterebbe aver letto gli articoli 8 e 9 della legge per fugare qualsiasi dubbio in proposito”, ha aggiunto, chiarendo che l’articolo 8 “esclude che le Regioni che accedono all’autonomia possano trattenere il cosiddetto residuo fiscale. Detto altrimenti, se il gettito dei tributi che finanziano le funzioni ulteriori supera i fabbisogni per svolgerle, l’eccedenza va restituita allo Stato con meccanismi di perequazione”. Quanto all’articolo 9 “prevede che le intese, in ogni caso, non possano pregiudicare l’entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre Regioni, anche in relazione ad eventuali maggiori risorse destinate all’attuazione dei Lep. E si aggiunge che è comunque garantita la perequazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Come si faccia a sostenere che queste Regioni siano penalizzate, quindi, per me rimane un mistero”.

“Da meridionale mi indigna che sia dia per scontato che il Sud non possa vincere la scommessa”

Per Guzzetta, rispetto alla piena applicazione dei Lep le criticità non stanno nella legge, ma nelle “difficoltà finanziarie dello Stato”, e sarà “fondamentale” la capacità delle Regioni di rendersi efficienti. “Le Regioni che sceglieranno l’autonomia dovranno avere una gestione più efficiente, dovranno mostrarsi capaci di spendere meglio quelle risorse. E non capisco perché si debba dare per scontato che il Meridione non possa fare questa scommessa e vincerla”. “Da meridionale, questo atteggiamento rinunciatario mi indigna”, ha sottolineato il professore.

Guzzetta: “Non condivido il costituzionalismo militante, non vedo rischi nel premierato”

Anche rispetto agli allarmi lanciati da molti suoi colleghi rispetto al premierato Guzzetta è critico. “Sinceramente – ha spiegato a Fausto Carioti che firma l’intervista – non condivido questo costituzionalismo militante. Stiamo parlando di una riforma che ancora non ha superato nemmeno la prima lettura. Peraltro, alla luce del testo, francamente non vedo quel rischio” di svuotamento dei poteri del Parlamento. Così come non vede una compressione di quelli del presidente della Repubblica, un allarme che “rappresenta un boomerang per chi lo avanza, perché considera il presidente della Repubblica come un organo politico la cui legittimazione si misura comparandola con quella del premier”.

L’instabilità politica giova solo ai “professionisti del trasformismo”

“Se il fine è stabilizzare gli esecutivi, il mezzo mi pare adeguato. Ovviamente, da cittadini, si può essere in disaccordo sul fine o ritenere che possa essere perseguito meglio con altri mezzi, ma l’idea che la designazione popolare del premier e della sua maggioranza sia una soluzione eversiva mi pare eccessivo”. “In quasi tutta la storia repubblicana – ha poi aggiunto – ha prevalso l’idea che l’obiettivo dell’opposizione sia quello di concorrere a rendere i governi instabili, magari facendo da sponda a qualche partner della maggioranza. Ma questa è una forma di autolesionismo nazionale. Nessuno guadagna da una politica instabile, tranne i professionisti del trasformismo. Certamente non ci guadagnano nulla i cittadini”.

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