Meloni alla sua piazza: “Dopo lo scudetto, vinciamo la Champions League”
Piazza del Popolo è un catino accaldato. L’orario è inclemente ma la gente è venuta lo stesso. Sono trentamila. Con le bandiere e col cappellino con la scritta “orgoglio italiano”. Gli organizzatori distribuiscono bottigliette d’acqua. I più vecchi non hanno voluto mancare l’appuntamento e accorrono nei pochi spazi d’ombra. Aspettano Giorgia.
E Giorgia è il brand che invade la piazza. Tutti con Giorgia. Giorgia siamo noi. In Europa con Giorgia. Non è più tempo di simboli dunque ma di persone. Di leader. Si comincia dopo la colonna sonora che alterna Rino Gaetano e Lucio Battisti ma anche Dargen D’Amico.
Parlano i candidati a sindaco tra cui anche una vecchia conoscenza, Adriana Poli Bortone, ex Msi, prima donna ministro di destra (all’agricoltura, con Berlusconi) che intende tornare in primo piano per guidare Lecce. Poi è la volta dei capigruppo a Camera e Senato. Foti si commuove per una piazza del Popolo che gli ricorda Giorgio, stavolta al maschile. Altri tempi, altri linguaggi e anche altre prospettive.
Oggi la destra meloniana guarda al futuro e, pur se nella continuità, vuole dare una scossa a una nazione che si sottovaluta troppo. Per colpa di chi? Ma della sinistra, ovvio. Carlo Fidanza tuona dal palco contro il gender e la cancel culture. Nicola Procaccini declina il sogno: FdI primo partito in Europa. Applausi. Giovanni Donzelli annuncia: ecco Giorgia. Grande sventolìo di bandiere, molte quelle portate dai giovani scesi in corteo dal Pincio. Lei si raccomanda: abbassatele se no non vedono niente.
Quindi ringrazia. “Non mi avete lasciato sola”. Manda un abbraccio a Salvini e a Tajani. Blocca la folla quando fischiano il M5S. Quando nomina Vincenzo De Luca partono i buuuuu. Del resto si era fatto notare in piazza un simpatizzante col cartello: “Qui siamo tutti stron..”. Ma Meloni dal palco: “Noi facciamo politica per amore, mai con l’odio, ditemi che non diventeremo mai come loro”. Quindi incalza Schlein: “Schmit (candidato di punta dei socialisti europei, ndr) ha detto che non sono democratica. Schlein condivide? Voi fornite alibi agli estremisti per avvelenare le nostre democrazie con l’odio politico”. Vergogna. Applausi.
Parla delle riforme partite e da portare in dirittura d’arrivo. Premierato e giustizia. Si concentra sulla sanità, tasto su cui le opposizioni battono e ribattono. “Nei prossimi giorni faremo un altro provvedimento per costruire un meccanismo nazionale di monitoraggio delle liste d’attesa, che non esiste, nessuno ci ha pensato, incredibile! Vuol dire avere possibilità di intervenire in maniera puntuale. E ci saranno soluzioni per effettuare visite e prestazioni sanitarie, che si faranno anche sabato e domenica, abolire il tetto di spesa per l’assunzione dei medici, coinvolgere più gli specializzandi, sanzionare i dirigenti sanitari che non dovessero rispettare gli obiettivi di riduzione delle liste d’attesa, premiandoli se invece lo fanno”.
Quindi si arriva al succo del voto dell’8 e 9 giugno. Altro che antieuropeismo, FdI vuole i voti dei patrioti europei. “Mentre noi difendiamo l’Europa come civiltà da sempre – dice Meloni – loro l’hanno adottata dopo il crollo dell’Unione sovietica e siccome sono nostalgici vorrebbero trasformarla in un surrogato del dirigismo sovietico”. Le Europee saranno allora “un referendum fra due visioni opposte”. “Da una parte un’Europa ideologica, centralista, nichilista, sempre più tecnocratica. Dall’altra la nostra Europa, coraggiosa, fiera, che non dimentica le sue radici perché definiscono chi siamo, ci aiutano a orientarci nel buio della paura”.
E la leader conclude, tra gli applausi, con una frase che vuole essere di incoraggiamento, come un coach che parla alla sua squadra: “Ora dobbiamo alzare la posta in Europa. Abbiamo vinto lo scudetto, adesso dobbiamo vincere la Champions League“. E parte l’Inno di Mameli.