L’intervista. Mulè stana Renzi e Calenda: «Non c’è centro se non nel centrodestra. E al di là di FI»
Non c’è centro se non nel centrodestra, sia in Italia che nel resto dell’Unione. La fotografia arriva dalle scorse elezioni Europee, che hanno sancito non solo lo spostamento a destra dell’intero corpo elettorale continentale, ma la crescita in termini percentuali delle forze che sostengono il governo guidato da Giorgia Meloni. Matteo Renzi e Carlo Calenda, rimasti sotto quota di sbarramento, sono costretti invece a pensare all’ennesimo piano d’emergenza di un terzo polo che non riesce a trovare spazio al centro forse perché quello spazio, di fatto, non c’è. Ne è consapevole Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera ed esponente di punta di quella Forza Italia saldamente ancorata al Ppe, famiglia ufficiale dei moderati europei.
Onorevole, a un anno dalla dipartita di Silvio Berlusconi, Forza Italia ha fatto registrare percentuali in crescita: se lo aspettava?
«Direi che il partito è più vivo che mai, a dispetto di chi ne preconizzava la scomparsa per prenderne il posto lanciando un’Opa su Forza Italia. Ebbene, quelli che lo dichiaravano non hanno raggiunto neanche la soglia del 4%…»
Mulè, si riferisce a Renzi e Calenda?
«Hanno raccolto percentuali basse. Con la morte di Berlusconi, pensavano di prendersi tutto, come se stessimo giocando a ruba mazzetto. E gli elettori li hanno puniti in maniera incontrovertibile».
Che vuol dire in termini politici?
«Che evidentemente non c’è nessun centro al di là di Forza Italia. Queste elezioni sono servite a ribadire che, in assenza del nostro leader, siamo stati in grado di difendere e diffondere nel Paese le sue idee e i suoi valori. Come ha detto Antonio Tajani, puntiamo a rappresentare quell’elettorato che sta tra la Schlein e Giorgia Meloni».
Ritiene che quello spazio sia disponibile?
«In questo momento chi è moderato ha sicuramente grossissime difficoltà a trovare casa nel centrosinistra: non ha un centro di riferimento».
In Europa, i moderati di centrodestra sono nel Ppe. Quelli di sinistra in effetti…
«Non hanno una casa, ogni tanto delle palafitte, dei luoghi dove si sono relegati, ma non hanno una agibilità politica tale per poter essere protagonisti. Forza Italia è protagonista perché è al governo, perché ha fondato questo centrodestra e perché è in grado di rappresentare quei moderati che, anche se esterni al partito, guardano al centrodestra».
Come vede il nuovissimo cantiere di Matteo Renzi, lanciato a neanche una settimana dal voto europeo, e che punta ad aggregare il sindaco di Milano, Giuseppe Sala?
«Purtroppo a Renzi le scommesse vanno sempre male. I suoi sono azzardi disperati dettati dalla condizione di un politico che non trova spazio e credibilità negli elettori. I suoi appelli appaiono sempre più un “Sos” finale e non ci preoccupano per nulla».
Intanto il Partito democratico di Elly Schlein si sposta sempre più a sinistra. Come cambierà la geografia del corpo elettorale?
«Guardi, l’estremismo in politica non paga. Sono gli elettori a dirlo. Il centrosinistra della Schlein vuole essere identitario nel rivendicare valori su cui tutti noi ci riconosciamo, senza essere però né riformatore e né riformista. E senza saper interpretare le istanze liberali».
Cosa intende, nello specifico?
«Quando punta al salario minimo non fa altro che intestarsi una battaglia di retroguardia che non interessa i lavoratori. Sanno dire soltanto no, anche in maniera talvolta sguaiata, pretendendo che una maggioranza legittimamente eletta debba rinunciare al proprio programma. Questa è la manifestazione più antidemocratica che possa esistere, che dimostra la loro inaffidabilità politica».
Mulè, alle Europee la Forza Italia siciliana ha aggregato i moderati di Saverio Romano, gli autonomisti di Raffaele Lombardo e i neodemocristiani di Totò Cuffaro. Intendete esportare questo modello a livello nazionale?
«Siccome ho letto alcune interviste dei soggetti che si sono aggregati, apprendendo che pretendono, in forza dei voti dati ad alcuni candidati di FI, di rimettere in discussione non so che cosa, vorrei dire delle parole chiare…»
Prego.
«Forza Italia non è un taxi e neanche un albergo a ore. E non è neanche un autobus dove si sale sul modello dei portoghesi, senza pagare il biglietto e scendendo quando si vuole. Questo non avviene e non avverrà. Le Europee non sono state un congresso laterale a Forza Italia. Non abbiamo correnti. Abbiamo semmai un’identità che non può essere messa in discussione da chi, dall’esterno, intende distribuire le carte».