Le femministe denunciano: tra i Pro-Pal maschi violenti, noi molestate a Bologna. Hanno dunque il patriarcato in casa

5 Giu 2024 14:50 - di Chiara Volpi
denuncia femministe

Dopo mesi di attivismo anti-Israele, di occupazioni, di manifestazioni e cortei, di proclami e di sanguinosi j’accuse, le femministe rompono le barricate di silenzio erette come un muro di cinta attorno allo scempio di Hamas del 7 ottobre e in nome dell’odio per «l’oppressore sionista», e denunciano in quella che Il Giornale documenta definendola «una lettera di fuoco indirizzata alla collettività di riferimento» le violenze subite nelle assemblee pro Palestina. Ma procediamo con ordine e per completezza del quadro di pregressi e contorni che preludono alla denuncia odierna, riavvolgiamo il nastro giusto fino all’8 marzo scorso. Quando, in lotta contro il patriarcato che imperverserebbe ovunque nel Bel Paese, mentre sullo sfondo mediorientale infiamma il conflitto israelo-palestinese, le femministe scese in piazza, in nome del melting pot ideologico e politico sventolavano il vessillo dell’abolizione del gender gap.

Implode il silenzio delle femministe: in una lettera la denuncia di molestie e violenze nelle assemblee ProPal

Mescolando nel copione di slogan triti e ritriti e ritornelli d’antan, antisionismo e proclami anti-governativi di casa nostra. Con l’apice raggiunto quasi alla fine del corteo quando, sfidando logica e coerenza, sfoderando il manifesto di battaglia, si poteva leggere che «scioperare contro il patriarcato significa reclamare l’immediato cessate il fuoco su Gaza per fermare il genocidio, la fine dell’apartheid e dell’occupazione coloniale in Palestina». Da lì in poi, come noto, è stato tutto un susseguirsi continuo di occupazioni universitarie e manifestazioni di piazza contro «l’oppressore sionista», e con buona pace del massacro, degli stupri, delle efferatezze compiute nell’attacco palestinese del 7 ottobre quando, in Israele, si è consumato un femminicidio di massa.

Una lettera alla comunità di riferimento che fa saltare schemi e cause…

Ebbene oggi, a quasi tre mesi dall’8 marzo e dalla guerriglia perpetrata in varie città d’Italia con le occupazioni delle università in nome del diktat dell’abrogazione degli scambi accademici con gli atenei israeliani – quando, da Nord a Sud, si moltiplicavano le iniziative nei campus italiani per chiedere la sospensione e il boicottaggio del bando di collaborazione del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale – quel silenzio dei movimenti femministi smette di rimbombare. E una lettera nero su bianco, ne squarcia motivazioni e note a piè di pagina.

Molestie, violenza e omertà nelle assemblee: il j’accuse delle femministe coinvolge gli ambienti di sinistra

E allora, scrive Il Giornale che ne dà notizia: «Molestie, violenza e omertà: si può riassumere così il contenuto di una lettera che un gruppo di femministe, che non si sono identificate, ma che si sono firmate come “gatte randagie violente e solidali”, hanno fatto circolare negli ambienti dell’estrema sinistra. È una denuncia forte quella che si legge tra le righe della missiva – scrive il quotidiano milanese – che si incentra su accuse di comportamenti misogini e deplorevoli che si sarebbero verificati, anche di recente, negli “spazi di movimento”. Questi, altri non sono che i locali occupati o le manifestazioni, anche pro Palestina, che si susseguono da tempo nelle nostre città. In particolare, le femministe collocano queste violenze nella democraticissima Bologna».

Il riferimento a pressioni mirate a non far uscire le denunce fuori da quegli ambienti

E ancora. Secondo quanto riporta Il Giornale, le mittenti «parlano di comportamenti che “riproducono, nascondono e normalizzano violenza maschile e molestie” nelle assemblee, dalle quali allontanano chi ha cercato di denunciarli. “Siamo furiose e stufe di sentirci dire che i panni sporchi si lavano in famiglia”, proseguono le femministe» – e riferisce il quotidiano –, aggiungendo: «Lasciando intendere che esiste una forte pressione affinché le denunce non escano fuori da questi ambienti. Quel che emerge appare di elevata gravità, in quanto si è aperta una discussione interna, che con questo articolo facciamo trapelare all’esterno, su pratiche violente e molestie che avverrebbero negli ambienti della sinistra, a volte estrema, del nostro Paese».

«Quando rivediamo i violentatori alla testa del corteo»…

Accuse pesanti, riferimento che smantellano le fondamenta stessa di strutture e cause, e su cui nella denuncia si legge: «Chi indebolisce le lotte sono proprio coloro che insabbiano la violenza dei maschi, riaccogliendoli a braccia aperte poco tempo dopo l’ultimo abuso. Quando rivediamo i violentatori alla testa del corteo, forti di una larga agibilità politica, risulta palese quanto siano fragili e superficiali i percorsi politici transfemministi di cui tante realtà si fanno forza».

Alla faccia del patriarcato e della misoginia del centrodestra

Ambienti di cui fanno parte gli stessi che vanno in piazza a gridare slogan e accuse pregiudiziali contro i “figli sani del patriarcato” quando si verificano fatti di cronaca che coinvolgono «esponenti del mondo maschile occidentale». I medesimi che non appaiono nelle piazze intestate alla protesta quando gli stessi reati sono addebitabili a stranieri. «Sono gli stessi – sottolinea allora Il Giornale – che accusano gli esponenti del centrodestra di misoginia, che oggi vengono messi all’indice dalle femministe dei loro stessi schieramenti politici, denunciando una gerarchia e una struttura fortemente maschilista delle “assemblee di collettivi e organizzazioni di sinistra”. Accuse e denunce fin  qui taciute a tutti i livelli, ordini e gradi di competenza e riferimento.

Un silenzio su cui il quotidiano milanese non può fare a meno di chiedersi: «Chi sono questi violentatori in testa ai cortei? E perché le femministe non fanno nomi e cognomi, non denunciano alla polizia, non permettono alle forze dell’ordine di fare chiarezza? Perché limitarsi a una lettera che avrebbe dovuto avere solo diffusione interna, se non l’avessimo trovata?». E infine: «La “comunità politica afferente” che sapeva e non ha fatto nulla, come può giustificarsi davanti a queste accuse? “Si continuano a nascondere le cose sotto al tappeto pur di non mettere in discussione noi stessi e la nostra collettività”, scrivono le femministe (e registra Il Giornale). Il tutto al solo scopo di “mantenere limpida e immacolata la sua reputazione”». Ma continuare a tacere non aiuta la causa della trasparenza e del cambiamento. A quando, ci chiediamo allora, l’emersione di tanto e tale sommerso?

 

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