Evviva i “nuovi italiani” che vincono per il Tricolore. Che pena la sinistra che tenta di arruorarli fra i senza bandiera
Vincono dappertutto i cosiddetti “nuovi italiani”: dalle piste ai campi da tennis, dal rettangolo verde fino ai tatami degli sport da combattimento. Vincono, convincono, sventolano il Tricolore e cantano l’inno, mentre la sinistra, pure quella grillina, esulta “in faccia” al generale Vannacci sui social e ironizza sul presunto imbarazzo a destra per questi successi multirazziali. Decine di “articolesse” pensose, dalla grande stampa nazionale fino all’ultima delle riviste online, per provare ad arruolare queste vittorie in un inesistente contenitore politico-culturale schierato sul fronte opposto rispetto alla destra “brutta, cattiva e oscurantista” che governa il Paese. In realtà di imbarazzante c’è solo il distacco siderale tra questa pseudo sinistra e il cosiddetto “paese reale”, quello che vota, commenta senza filtri, vive la quotidianità delle nostre Città e non è avvezza alle contorte elucubrazioni mentali di certi opinionisti un tanto al chilo.
Gli atleti figli di matrimoni misti o esponenti delle cosiddette seconde generazioni sono l’esatto contraltare dell’esaltazione dell’immigrazione clandestina o del pericolo di attacco alla cultura italiana, dei burka esibiti, delle infibulazioni a Sesto San Giovanni, della jihad propagandata e coltivata all’ombra dei quartieri-dormitorio delle nostre metropoli. Yeman Crippa, Marcel Jacobs, Luca Simonelli, la Dosso, persino l’altoatesino “orgogliosamente italiano”, Jannik Sinner, e la nutrita pattuglia di sportivi e sportive dai nomi esotici, sono Italiani per scelta, per lavoro, per passione, molti di loro per nascita; piangono mentre cantano l’inno nazionale e vedono il Tricolore salire in alto, lassù, sul pennone più alto. Accade da anni anche nel rugby, il maschissimo sport pieno di oriundi e naturalizzati, nel quale proprio l’inno è un rito catartico, quasi iniziatico. Nessuno di loro ha scelto di giocare con la Nazionale del mondo, con l’internazionale cosmopolita, con la selezione no-borders.
Nessuno di loro brucia bandiere nazionali alle manifestazioni o pontifica sugli imperialismi bellicisti. Nessuno. Anzi, la stragrande maggioranza gareggia con le “stellette”, difende l’Italia da sportivo carabiniere, finanziere, poliziotta o aviere, con le Fiamme Gialle, Oro, Azzurre, in quella straordinaria sinergia fra i corpi militari e l’agonismo di alto livello.
Vincono e sudano per questa Italia, in alcuni casi sono borgatari e borgatare con la pelle colorata e uno slang meravigliosamente autoctono; in altri casi studenti e studentesse, con la testa saldata alle spalle e la convinzione che ci sia anche un domani, da costruire, oltre lo sport.
Tornando alla surreale lettura dei successi sportivi di questi mesi, amplificati da un Europeo di Atletica inimmaginabile, davvero a sinistra credono che nel patrimonio genetico della destra di governo ci sia il razzismo biologico e l’odio per il diverso, o la battuta da caserma del generale di turno, piuttosto che la difesa di una identità nazionale che si possa anche scegliere, per convinta adesione? Roba alla Fanpage o alla Formigli, insomma, propaganda contrabbandata da giornalismo, auto assolutoria e demonizzatrice dell’avversario politico. Si godano le medaglie, piuttosto, perché l’ironia a buon mercato e la gongolante soddisfazione per i dreadlocks di Yeman Crippa, pensando di arruolarli in funzione anti-governativa, non porterà, per esperienza, neppure un voto nelle urne ideologizzate dei Trozkisti di ritorno.
Potremmo citare De Benoist, l’esperienza della nouvelle droite francese ed italiana, l’etnopluralismo, la fascinazione per l’arabismo intellettuale, ma preferiamo restare sulla terra, in mezzo al popolo, e avvisare i naviganti: questa Italia che vince, in mezzo a una parata di bandiere bianco, rosse e verde, queste Nazionali che fanno squadra, si stringono a coorte, esultano e sorridono, ci piacciono da morire. E piacciono da morire, ci mancherebbe, anche alla stragrande maggioranza degli elettori del centrodestra, totalmente disinteressati al fatto che sulla “pelle” di questi atleti si vogliano giocare partite politiche o ideologiche. Grazie ragazzi e ragazze con la maglia azzurra e l’Italia nel cuore: voi sì che ci rendete orgogliosi di sentirci Italiani.