Truffa milionaria del bonus facciate con la complicità delle ditte cinesi: così Prato è diventata la capitale dei soldi sporchi
Anche le ditte cinesi “apri e chiudi” hanno sfruttato il bonus facciate (in diverse regioni d’Italia) per una truffa che visto decine di milioni dirottati a Prato: destinazione Cina. È quanto emerge da un’indagine della Guardia di finanza del comando di Forlì, coordinata dalla Procura di Prato.
Nella truffa del bonus facciate, il ruolo delle ditte cinesi di Prato
Martedì scorso, tre persone sono state arrestate e crediti di imposta fittizi per 5,9 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Fiamme gialle. Gli arrestati, in esecuzione di una misura di custodia cautelare ai domiciliari eseguita con la collaborazione delle Fiamme gialle di Alessandria, Napoli e Foggia, sono un quarantaseienne del Napoletano, un quarantasettenne del Foggiano e un trentenne della provincia di Forlì-Cesena, tutti indagati per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Come si spiega in una nota della Gdf, le indagini, svolte dai militari del gruppo di Cesena, sono partite dall’approfondimento di alcune segnalazioni di operazioni sospette e hanno consentito di appurare che una quarantina di persone, residenti in Piemonte, Emilia-Romagna, Campania, Puglia, Molise e Calabria, grazie all’utilizzo di false fatture per oltre 10 milioni di euro, hanno potuto richiedere il rimborso di crediti d’imposta per oltre 7,3 milioni di euro relativi ai bonus facciate, per poi monetizzarli attraverso la cessione a un istituto di credito”. Il ricavato ottenuto sarebbe stato bonificato a ditte riconducibili a cinesi, per lo più con sede nella provincia di Prato, le quali, a loro volta, lo avrebbero trasferito su conti esteri per farne disperdere le tracce. Nel corso delle indagini le Fiamme Gialle hanno accertato che nessuno degli immobili associati alle richieste di bonus era mai stato interessato da interventi di ristrutturazione edilizia e che i soggetti richiedenti il beneficio non erano nemmeno proprietari o possessori degli stessi immobili, che, peraltro, risultavano in regioni diverse rispetto al loro luogo di residenza. L’arresto è scattato nei confronti dei tre indagati “sospettati di aver avuto ruoli chiave nel sistema di frode”: avrebbero agito nel ruolo di ‘reclutatori’, ‘ideatori’ o ‘agevolatori’ “ed essendo intervenuti nelle fasi salienti delle operazioni al fine di istruire opportunamente gli altri compartecipi, i quali, peraltro, sono risultati sprovvisti delle risorse economiche necessarie a sopportare il costo delle medesime ristrutturazioni immobiliari”.
La città toscana è il posto giusto dove far sparire i soldi sporchi
Secondo La Nazione Prato è diventato il posto giusto dove far sparire i soldi “sporchi”. A Prato gli imprenditori disonesti si servono delle famigerate ditte “apri e chiudi” intestate a prestanome cinesi (tutti scomparsi nel frattempo) per buttare i soldi intascati e farseli “cambiare” in contanti grazie a un giro di fatture fasulle e operazioni inesistenti. I cinesi, a loro volta, trattengono una percentuale (come farebbe una banca normale) sulla somma e poi rigirano i soldi in conti all’esterno facendoli definitivamente sparire agli occhi del fisco e dei controlli. Verifiche che scattano dopo un paio di anni da quando la ditta ha aperto. Peccato, che in due anni la stessa ditta ha già chiuso i battenti e gli intestatari se la sono data a gambe, sparendo nel nulla. Un meccanismo che, negli anni, è stato definito con il nome poco gratificante di “sistema Prato”, venuto alla luce più volte ma mai stroncato del tutto. Il sospetto – prosegue l’articolo de La Nazione – è che ci siano posti che si comportano da vere e proprie banche clandestine, gestite da orientali, capaci di smuovere fiumi di denaro, prende sempre più campo”.