Sì, è vero, il termine radical chic è vecchio ma non quanto l’accusa di fascismo brandita contro l’avversario

31 Mag 2024 14:45 - di Annalisa Terranova

Oggi un interessante articolo di Filippo La Porta sull’Unità rimprovera alla destra e a Giorgia Meloni l’uso di un termine, radical chic, che ha fatto il suo tempo. Quei “salotti” cui si riferiva Tom Wolfe nel 1970 non esistono, anche se Michele Serra ne ha regalato a Formigli una mini-riproduzione in velluto per la puntata di Piazzapulita. Di più, la destra ne parlerebbe perché è invidiosa di non poterci entrare, in quei salotti. Anzi, incalza Mattia Feltri su La Stampa, la destra voleva solo suonare il campanello e essere ammessa nel club. Pur se priva – ovvio – di idee.

Anche Zingaretti utilizzò il termine “radical chic”

Non staremo qui a rifare noiosi elenchi di intellettuali e scrittori non ascrivibili alla cupola progressista. Interessa invece quella critica di Filippo La Porta sul mancato adeguamento del linguaggio della destra. E’ vero, il termine radical chic è abusatissimo. E’ persino venuto a noia. Eppure si comprende. Si comprende talmente bene che lo utilizzò Zingaretti contro Concita De Gregorio.  «Ho letto su Repubblica una pagina di Concita De Gregorio – dichiarò tre anni fa –  purtroppo ho visto solo l’eterno ritorno di una sinistra elitaria e radical chic, che vuole sempre dare lezioni a tutti, ma a noi ha lasciato macerie sulle quali stiamo ricostruendo». Zingaretti esprimeva la frustrazione di una parte non proprio trascurabile della sinistra nel vedere che chi la rappresenta, a livello di dirigenti politici ma anche di opinionisti, scrittori, giornalisti si occupa – come ha scritto tempo fa un editorialista inglese a proposito dei laburisti – più dei bagni gender fluid che degli operai.

Conformismo e fanatismo sono gli elementi della nuova sinistra

In ogni caso l’espressione va aggiornata. Pur se ormai metabolizzata. Alcuni esempi di utilizzo alternativo provengono da un libretto di Pierluigi Battista che deplora la cancel culture. Si chiama “Libri al rogo. La cultura e la guerra all’intolleranza“. Pur se scritto nel 2019 anticipava temi – in modo certo più sereno e pacato – che ritroviamo oggi nei comizi del generale Vannacci. Servilismo, conformismo, fanatismo sono tutte caratteristiche di un progressismo isterico che vuole stabilire cosa è bene e cosa è male. Servilismo verso mode imposte. Conformismo nel linguaggio. Fanatismo nell’anatema all’avversario.

I nuovi talebani sono i vecchi radical chic. Semplice. Il loro esercizio principale e avversare il buon senso: la fobia per il buon senso più che la distanza dal popolo è oggi il loro connotato principale.

Anche l’accusa di fascismo ha fatto il suo tempo, è vecchia di un secolo

Ma, a proposito di espressioni che hanno fatto il loro tempo, vogliamo estrapolarne alcune dal linguaggio della sinistra che sono degne di nota: la deriva autoritaria, la democrazia in pericolo, il rischio di orbanizzazione. Insomma la vecchia accusa di fascismo – rispolverata contro Berlusconi e ancora verso Salvini e infine brandita contro la Meloni – non è ormai vecchia di un secolo? E se tale accusa è degna di essere continuamente attualizzata a favore della cupola progressista perché prendersela col più fresco termine radical chic che in fondo ha solo una settantina d’anni?

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