Miti. Bobby Sands, la lotta come scelta d’amore per l’Irlanda libera e sovrana

6 Mag 2024 6:50 - di Alberto Spampinato

Capelli lunghi, cattolico, cresciuto all’ombra dei troubles e del riacuirsi del conflitto nord irlandese. La figura di Bobby Sands, più di altre, si è affermata nell’immaginario della destra giovanile come un esempio di combattente nazionalrivoluzionario. Mentre l’Europa e l’Occidente erano infiammati dalla contestazione giovanile e dall’attacco frontale alla società neocapitalista, in Irlanda del Nord quel conflitto era un nuovo combustibile sulla mai sopita lotta per l’indipendenza del popolo irlandese che, in un contesto frutto del più becero imperialismo britannico, offriva nuova linfa alla battaglia per i diritti civili e per la riaffermazione dell’identità gaelica nell’obiettivo sempre vivo della riunificazione dell’isola d’Irlanda. In questo contento di lotta per l’indipendenza nazionale, mito e fascinazione di una destra giovanile italiana che sposando il principio di autodeterminazione dei popoli sognava l’uscita dal bipolarismo figlio di Yalta e della logica dei due blocchi, la figura di Bobby Sands si impone come esempio di combattente per la libertà in grado di offrire un’etica ed un’estetica in cui immedesimarsi.

Cresciuto nella fila dell’Esercito repubblicano irlandese, dopo l’ultimo arresto Bobby Sands venne internato nel carcere di Long Kesh dove, diventato responsabile dei detenuti dell’IRA del carcere, si diede alla poesia e al giornalismo con lo pseudonimo di Marcella. E in quella veste descrive in maniera minuziosa le condizioni dei reparti H block, riservati ai detenuti irlandesi che però non godevano dello status di detenuto politico. L’esperienza ed i racconti di Sands, raccolti nel suo diario, dimostrano come l’arma più importante per un rivoluzionario siano la lucidità mentale e l’autodisciplina interiore. Attraverso l’esercizio fisico, le lezioni di gaelico urlate da una cella all’altra ed una continua analisi della questione irlandese e della propria emotività ed interiorità, Sands trasforma la sua detenzione in un momento di lotta e di esempio. Ed è proprio per ottenere il riconoscimento di detenuto politico, e per non essere accomunati a criminali comuni, che insieme ad altri detenuti dell’IRA iniziò lo sciopero della fame.

Già in passato erano state attuate forme di protesta, la blanket protest in cui i detenuti rifiutarono di indossare le divise da carcerato e indossarono solo una coperta proprio per distinguersi dagli altri detenuti e la dirty protest, scaturita proprio dalla prima forma di protesta. Le guardie carcerarie, infatti, come risposta alla protesta delle coperte rifiutarono di ritirare gli escrementi dalle celle, per cui i detenuti coinvolti nella protesta iniziarono a spalmare gli escrementi sulle pareti della propria cella. Visti i mancati risultati delle prime proteste, e di uno sciopero della fame iniziato nel 1980 e concluso dopo 53 giorni per l’ottenimento di promesse (poi non mantenute) da parte di Margaret Tatcher, l’hunger strike che iniziò il 1 marzo del 1981 coinvolse diversi detenuti dell’IRA che, con una cadenza di una settimana, iniziarono a rifiutare il cibo. La prima vittima della protesta fu proprio Bobby Sands che, nonostante pressioni internazionali provenienti anche dal Vaticano, non cedette e, non ottenendo alcuna concessione da parte del governo inglese, non interruppe la protesta che arrivò, per lui e per altri nove detenuti, all’estrema conseguenza.

Bobby Sands morì il 5 maggio del 1981 e, nonostante subito dopo l’inizio della protesta fu candidato e da detenuto eletto al Parlamento inglese, non entrò mai in quell’aula perché una legge varata ad hoc impose lo status di cittadino libero da almeno 5 anni per i parlamentari inglesi. La determinazione nel raggiungimento di un obiettivo, e cioè il riconoscimento dello status di combattente politico da parte del nemico, portata fino alle estreme conseguenze attraverso l’adesione ad una ideologia del martirio fa di Sands un combattente che decide di caricare su di sé il peso della protesta e lotta politica, mettendo la propria vita a disposizione della causa per la libertà del popolo irlandese.

Il 17 marzo del 1981, il giorno di San Patrizio, Bobby Sands scrisse nel suo diario “la mente è la cosa più importante. Se non hai una mente forte per resistere a tutto non ce la fai. Ti manca ogni spirito combattivo. Ma da dove ha origine questa forza mentale? Forse dal desiderio di libertà…”. Furono le ultime parole, non riuscì più a scrivere nulla a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Il 23 marzo venne trasferito all’ospedale del carcere e il 5 maggio, dopo 66 giorni di sciopero della fame, Bobby Sands morì tra veglie di sostegno e manifestazioni di protesta contro la rigidità del Governo inglese che non accettava alcuna trattativa con gli hunger striker. Il 7 maggio, al suo funerale, parteciparono oltre 100.000 persone, sfilando dietro al feretro bardato con il tricolore irlandese e al picchetto militare dell’IRA che esplose in aria dei colpi di fucile. Cornamuse e mitra son per Sands, figlio d’Irlanda, martire europeo.

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