Londra accoglie il ricorso di Assange: slitta l’estradizione negli Usa (dove rischia 175 anni)
Julian Assange avrà la possibilità di un nuovo ricorso contro l’estradizione negli Stati Uniti: lo hanno stabilito oggi i giudici dell’Alta corte di Londra. I magistrati, riferisce il quotidiano britannico The Guardian, hanno ritenuto fondate le argomentazioni della difesa del giornalista co-fondatore di Wikileaks sul timore di un processo non equo oltre Oceano.
Negli Stati Uniti Assange sarebbe processato per spionaggio. Diciassette i capi di accusa a suo carico, legati alla pubblicazione di migliaia di documenti diplomatici da parte di Wikileaks. Il giornalista, di nazionalità australiana, rischierebbe fino a 175 anni di carcere.
I giudici londinesi accolgono il ricorso di Assange
Il verdetto dei giudici d’appello Victoria Sharp e Jeremy Johnson non entra nel merito del ricorso, che sarà a questo punto dibattuto più avanti. Ma riapre la partita dell’estradizione, dopo che già a marzo era stato introdotto un primo spiraglio con il rovesciamento del no secco opposto in primo grado dalla giustizia britannica all’istanza di ricorso della difesa. Dopo la lettura del breve dispositivo, gli avvocati di Assange si sono abbracciati in aula tra loro, mentre reazioni sorridenti riecheggiavano anche da parte della moglie dell’ex primula rossa australiana, Stella Morris, da suo padre e fra i sostenitori radunati fuori dal palazzo di giustizia.
Una notizia che ha scatenato la folla di sostenitori di Julian Assange: per tutto il lunedì mattina con il fiato sospeso, davanti all’Alta Corte di Giustizia, in attesa della sentenza per le sorti del fondatore di Wikileaks. Quando è arrivata la comunicazione che i due giudici che dovevano stabilire se concedergli un nuovo ricorso contro la sua estradizione negli Stati Uniti hanno detto sì all’appello contro l’estradizione in Usa, è scoppiata la festa. I supporter hanno gridato “Assange libero” innalzando cartelli con la scritta “Il giornalismo non e’ un crimine”.
Il fondatore di WikiLeaks, che ha trascorso gli ultimi cinque anni in una prigione britannica, non era presente in aula per ascoltare la discussione. Il suo avvocato Edward Fitzgerald ha dichiarato che non ha partecipato per motivi di salute.
Amnesty International: “Chiediamo agli Usa di porre fine a questa vergognosa saga”
In una nota, il consulente legale di Amnesty International, Simon Crowther, ha definito la decisione dell’Alta corte “una rara buona notizia per Julian Assange e per tutti coloro che difendono la libertà di stampa. L’Alta corte ha correttamente concluso che, in caso di estradizione negli Usa, Assange rischierebbe gravi violazioni dei diritti umani come l’isolamento prolungato, in contrasto col divieto di tortura e altri maltrattamenti”. “Il tentativo degli Usa di processare Assange mette in pericolo la libertà di stampa nel mondo e ridicolizza gli obblighi di diritto internazionale degli Usa e il loro conclamato impegno in favore della libertà d’espressione. Col tentativo di metterlo in prigione, gli Usa stanno inviando un messaggio chiaro: non hanno rispetto per la libertà d’espressione e minacciano i giornalisti ovunque nel mondo, che potrebbero essere presi di mira a loro volta, solo per aver ricevuto e diffuso informazioni riservate e pur avendolo fatto in nome dell’interesse pubblico”. “Mentre nei tribunali britannici continuerà la battaglia legale, chiediamo agli Usa di porre finalmente termine a questa vergognosa saga, annullando tutte le accuse nei confronti di Assange . Questo significherebbe fermare il procedimento giudiziario negli Usa e la libertà di Assange , che ha già trascorso cinque anni in carcere”.