L’intervista. Buccini: l’inchiesta su Toti non regge e non convince, ma la politica deve emendarsi prima di fare la guerra ai pm

14 Mag 2024 18:11 - di Annalisa Terranova
Buccini

“Premesso che l’inchiesta che coinvolge Giovanni Toti non mi convince, qua il problema è tutto politico e non giudiziario”. Goffredo Buccini, che ha da poco ultimato il libro “La Repubblica sotto processo” dove ricostruisce la storia giudiziaria dell’Italia dal 1994 al 2023, è d’accordo sul fatto che la magistratura ha infranto gli argini prescritti dalla divisione dei poteri. Ma la colpa – afferma – non è solo dei pubblici ministeri.

Andiamo con ordine. La magistratura influisce sulla politica mettendo i leader all’angolo ma la politica resta debole. Si lamenta e non fa le riforme. Nel tuo libro descrivi bene questo processo…

Nel libro spiego che cosa Tangentopoli ha rappresentato per l’Italia. Siamo stati l’unico paese in cui la caduta del Muro ha determinato la caduta del sistema politico perché avevamo un’economia che come nessun’altra era nelle mani dei partiti. Ma c’è da aggiungere un elemento di riflessione rispetto all’inchiesta ligure.

Quale?

Quello del regionalismo. Una variante importante che deriva dalla riforma del titolo V fatta dalla sinistra per paura della Lega. Quella riforma ha creato un mostro di venti staterelli in competizione l’uno con l’altro, con il presidente di regione che è figura potentissima, alle prese con finanziamenti propri a ogni piè sospinto.

Questi presidenti sono sì potenti ma spesso attenzionati da inchieste giudiziarie che si rivelano un flop. L’elenco sarebbe lungo: Del Turco, Bassolino, Errani, Storace…

Ma il problema non è giudiziario. E’ politico. Leggendo quello che ho letto di Toti faccio fatica a immaginare come la procura possa portarlo a processo. Perché tu hai finanziamenti registrati e poi però ci metti in relazione comportamenti amministrativi che tu presumi irregolari. Tutto da dimostrare. Tra l’altro Spinelli gli ha dato una grossa mano dicendo che Toti non faceva nulla per lui. In termini di sostanza politica però poco importa quello che fa la magistratura, molto importa che il presidente della Regione Liguria vada sulla barca dell’imprenditore per parlare di affari. Bisogna che la politica applichi alla lettera l’articolo 54 della Costituzione, che impone a chi ha un ruolo pubblico disciplina e onore, perché solo questo tipo di politici  possono risospingere la magistratura nell’alveo da cui è uscita. E solo questo tipo di politici potranno ripristinare l’art. 68 sull’immunità parlamentare, mutilato sotto la spinta della piazza giacobina. Circostanza che ha messo la vita dei parlamentari nelle mani delle Procure.

Anche tu però hai collaborato a questo processo con il famoso articolo sul Corriere in cui si dava notizia dell’avviso a comparire contro Berlusconi, impegnato a Napoli in una conferenza Onu…

Noi facemmo il nostro lavoro, nel senso che se tu hai una notizia di quel tipo non puoi nasconderla. Un giornalista che ha una notizia così se la tiene per farne cosa? Era una notizia vera, non sono affatto pentito di averla data. Sono critico però con la Procura di Milano che decise di fare quella roba proprio in quei giorni. I giustizialisti mi attribuiscono un pentimento su questo che non c’è. Lo sbaglio fu della Procura, non mio che ho fatto il mio lavoro.

Torniamo a Toti e alla magistratura debordante.

Dicevo che appunto l’articolo 68 della Costituzione sull’immunità parlamentare viene riformato in tutta fretta proprio quando ha inizio il processo Cusani a Milano, un processo mediatico in cui Di Pietro porta davanti alle telecamere tutti i big della prima Repubblica. Credo che l’immunità vada reintrodotta ma non lo può fare la politica che va col cappello in mano sulla yacht di Spinelli. 

Non è anche frutto di giacobinismo condannare Toti perché sale su uno yacht a Genova, città dove c’è il porto più grande d’Italia e dove vedersi su una barca forse non è così inusuale? 

Ho già precisato che l’inchiesta su Giovanni Toti non sta in piedi dal punto di vista giudiziario, ma non tutto quello che è legittimo è anche opportuno politicamente. I politici oggi non fanno più il cursus honorum di una volta. E questo è anche in parte frutto del berlusconismo. Quanto alle tentazioni giacobine, o giustizialiste, esse sono presenti anche dentro FdI dove c’è chi fa questo ragionamento: perché inimicarci proprio la magistratura che è l’unica componente in Italia che può farci l’opposizione? Alcune resistenze alla riforma del ministro Nordio nascono anche da questo. La politica però deve avere la forza di emendarsi senza chiedere legittimazioni o supplenze alla magistratura.

Il problema sarà pure politico però il personaggio politico messo alla gogna perché coinvolto in una inchiesta è già da tutti considerato colpevole. 

Uno dei problemi del nostro paese è l’ostensione dell’indagine preliminare che precede il processo vero e proprio. Quanto tu più  informi nella fase dell’indagine preliminare e tutto finisce sui giornali con grande evidenza, addirittura con la recitazione di brandelli di intercettazione, è evidente che il processo non ha più mediaticamente nessuna importanza. La gente pensa di avere già una sua verità. Questo dipende anche dai giornalisti. Dovremmo essere capaci di bilanciare nel raccontare le inchieste le tesi della difesa con le tesi della Procura. Tiziano Renzi, tanto per fare un esempio, si è trovato arrestato e sputtanato eppure è stato assolto da tutto ma se chiedi in giro per l’Italia tutti ne avranno riportato l’impressione di uno che ha commesso reati…

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