Il quadro della finanza pubblica migliora, i salari ancora no. Bellucci: la colpa è dell’inflazione, invertiremo la rotta
In Italia, è proseguito nel 2023 il miglioramento del quadro di finanza pubblica. Il debito delle Amministrazioni pubbliche è diminuito dal 140,5 al 137,3 per cento del Pil, e l’indebitamento netto si è ridotto di 13,8 miliardi, dall’8,6 al 7,4 per cento del Pil, come risultato di una spesa per interessi più contenuta e di un minor disavanzo primario, principalmente grazie alla dinamica sostenuta delle entrate e al ridimensionamento delle misure adottate nel 2022 per arginare la crisi energetica. Lo certifica il rapporto annuale 2024 presentato oggi dall’Istat.
Nel rapporto si sottolinea inoltre che tra il 2019 e il 2023 l’Italia è l’economia cresciuta a un ritmo più elevato tra le quattro maggiori dell’Unione europea. Ma ci sono anche note dolenti: nel 2023 l’incidenza di povertà assoluta in Italia è pari all’8,5 per cento tra le famiglie e al 9,8 per cento tra gli individui, precisa l’Istat. Si raggiungono così livelli mai toccati negli ultimi 10 anni, per un totale di 2 milioni 235 mila famiglie e di 5 milioni 752 mila individui in povertà. Secondo l’Istat un individuo adulto (18-59 anni) è considerato in povertà assoluta se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore a 560-600€ nel Mezzogiorno, 700-800€ nel Centro, 750-840€ nel Nord.
Il dato sulla povertà assoluta è stato immediatamente rilanciato dalle opposizioni per lamentare la cancellazione del reddito di cittadinanza e la mancata introduzione del salario minimo. Ignorando completamente i dati positivi sull’economia che arrivano anche dalla Commissione europea. La Commissione infatti rivede al rialzo le stime per il Pil italiano di quest’anno che passa dallo 0,7% indicato a febbraio allo 0,9. Rivisto in salita anche il dato del 2023, dallo 0,6 allo 0,9, mentre per il 2025 si registra una leggera limatura dall’1,2 all’1,1. Cala ancora l’inflazione in Italia: la crescita dei prezzi al consumo si dovrebbe attestare all’1,6% per quest’anno e all’1,9 per il prossimo (rispettivamente dal 2 e dal 2,3 previsti a febbraio). Ben al di sotto della media dell’Eurozona: 2,5 e 2,1 e tra le più basse di tutta l’Ue.
Infine, sempre stando alle previsioni economiche di primavera pubblicate oggi dalla Commissione Ue, l’occupazione totale è aumentata nel 2023 dell’1,8%, allo stesso ritmo sostenuto dell’anno precedente, anche perché il lavoro autonomo è nuovamente aumentato, aiutato da un regime fiscale più favorevole.
All’offensiva dialettica delle opposizioni, che hanno rilanciato appunto salario minimo e reddito di cittadinanza, ha replicato la viceministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Teresa Bellucci, ricordando che “la povertà si sconfigge con il lavoro e non con il mero assistenzialismo“.
Bellucci ha poi così commentato il nuovo rapporto annuale Istat. “Dieci anni di misure poco efficaci hanno portato al record di povertà a fronte di una spesa enorme in bonus e sussidi, segnale evidente che le tante iniziative dei precedenti governi sono state poco efficaci. Per il solo Reddito di cittadinanza si sono spesi 31,5 miliardi, favorendo distorsioni nel mercato del lavoro e, spesso, non raggiungendo chi davvero aveva bisogno”.
Bellucci sostiene ancora che “bene ha fatto il governo Meloni a invertire la rotta con le nuove misure di contrasto alla povertà introdotte da gennaio 2024. Una correzione che sta contribuendo a una crescita costante dell’occupazione”, anche femminile con “un tasso mai così alto”. “Indubbiamente – prosegue – l’inflazione aggrava la situazione rispetto al potere d’acquisto delle famiglie e per questo monitoreremo costantemente le misure introdotte per adeguarle ai cambiamenti e a tale situazione. La nostra riforma dell’assegno di inclusione ha peraltro attenzionato quelle categorie di persone, famiglie numerose e con minori, che maggiormente erano e sono esposte al fenomeno dell’impoverimento. Nessuno pensa che tutto questo sia sufficiente, ma il governo Meloni è deciso ad andare avanti per continuare a favorire la crescita della nazione, che passa necessariamente per misure di sostegno al lavoro, senza mai dimenticare i più fragili”.
Per la ripresa ci vorranno quattro anni, avverte l’economista Carlo Cottarelli che spiega: “Nel 2021 e soprattutto nel 2022 si è verificata una perdita dei salari reali di oltre il 10%, fatto che ha accresciuto il lavoro povero. Nel 2023 è iniziata la correzione, i salari sono infatti cresciuti del 3%, quindi più dei prezzi che invece sono aumentati dell’1%. Quindi i salari reali sono cresciuti del 2%, si sta realizzando un riequilibrio. Ma se proseguiamo allo stesso passo del 2023, per recuperare quei 10 punti percentuali ci vorranno altri 4 anni”.