“Dormivo e non ho sentito nulla”: Pietro Genovese a processo per evasione dai domiciliari. Il portiere lo smentisce

24 Mag 2024 17:38 - di Greta Paolucci
Genovese processo evasione

Già hanno fatto discutere e amareggiato non poco i domiciliari disposti per Pietro Genovese, il ragazzo condannato a cinque anni e quattro mesi per la morte di Gaia von Freymann e Camilla Romagnoli, le due 16enni investite e uccise dal giovane, al volante la sera del 22 dicembre del 2019 a Corso Francia. Ma ora, la beffa del controllo andato a vuoto, che ha fatto scattare un nuovo processo per il giovane, aggiunge indignazione all’amarezza. La vicenda che coinvolge Pietro Genovese, infatti, già condannato in via definitiva a cinque anni e quattro mesi di carcere per la morte delle due ragazze investite e uccise mentre attraversavano la strada, si arricchisce oggi di nuovi contorni giudiziari incentrati sul periodo in cui il ragazzo si trovava agli arresti domiciliari.

Il controllo va a vuoto: processo per evasione a Genovese

Quel giorno infatti i carabinieri della compagnia Parioli andarono per un controllo di rito sotto casa della famiglia di Genovese, nel quartiere Trieste, e citofonarono più volte senza ottenere alcuna risposta. Da qui il nuovo processo partito con l’accusa di evasione contestata al giovane già condannato. «Ricordo che quel giorno ho pranzato con mio fratello e la sua fidanzata. Ho firmato il primo controllo delle forze dell’ordine e sono andato in camera mia. A quel tempo prendevo alcune medicine che mi davano sonnolenza. Su questo aspetto ero sempre molto attento perché so bene dell’importanza dei controlli delle forze dell’ordine. Ma mi sono addormentato, non ho sentito nulla e sono stato poi svegliato dai miei genitori».

La sua versione: «Mi sono addormentato e non ho sentito nulla»

Questo quanto riferito da Pietro Genovese nel processo per l’accusa di evasione dai domiciliari davanti al giudice monocratico di Roma. Questa la versione resa per giustificare la mancata possibilità di controllo. Una giustificazione che non basta ai parenti delle vittime. Così come a chi, come al pm incaricato del caso, ha chiesto un nuovo procedimento per il giovane. Una versione, la sua, che peraltro ha smentito in aula lo stesso portiere dello stabile. Nell’udienza di oggi, infatti, è stato mostrato il video della telecamera interna del palazzo ed è stato ascoltato il custode del condominio.

Ma in aula il portiere dello stabile lo smentisce

«Dalla visione del filmato non ho visto nessuna sagoma che riconduca a Pietro Genovese», ha detto il testimone. A quel punto, l’udienza è stata rinviata al prossimo 7 giugno, quando è attesa la sentenza. Parole, quelle del teste, che rilanciano l’accusa alla base del nuovo processo a Genovese, per cui secondo l’accusa, il 16 gennaio 2021, mentre si trovava agli arresti domiciliari, i carabinieri durante un controllo di rito avrebbero citofonato senza ottenere risposta.

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