Intelligenza artificiale e informazione: in futuro i debunker avranno più peso dei giornalisti alle prese con la rete?

7 Apr 2024 10:07 - di Annalisa Terranova

Relazione svolta alla tavola rotonda su IA e informazione nell’ambito di Librincorte (Correzzola-Pd) con Francesco Maria del Vigo, Augusto Grandi, Francesca Totolo, Carlo Cardona) 

Con l’IA act Europa ha mostrato tutto il suo scetticismo verso un uso incontrollato dell’Intelligenza artificiale. In Cina il tema è una priorità nell’agenda di governo – attrae investimenti su investimenti – e addirittura hanno prodotto un software che monitora la felicità dei dipendenti (parliamo della Canon Information Technology, società di Pechino) e se non sono abbastanza sorridenti non hanno libertà di movimento nelle stanze di lavoro perché la loro depressione può risultare contagiosa.

Dunque la vecchia Europa con l’IA act si concentra sui diritti: vieta sistemi che diano un punteggio ai comportamenti sociali degli individui, vieta il riconoscimento facciale non finalizzato, la categorizzazione biometrica che intuisce i tuoi comportamenti sessuali. Insomma il Grande Fratello è ormai tra noi e l’Europa, ancorata a tradizioni giuridiche che tutelano le libertà personali, cerca di correre ai ripari. Cina e Stati Uniti invece si occupano dell’IA per poterne sfruttare le potenzialità economiche, per fare  business. Con eccezioni importanti: per esempio il New York Times ha contestato all’IA l’utilizzo di contenuti e articoli senza rispettare il diritto d’autore.

L’intelligenza artificiale e il problema etico

Gli ottimisti dicono che l’IA potrà fare un riassunto dell’Odissea ma non potrebbe scrivere l’Odissea. Tuttavia noi siamo dinanzi a una rivoluzione epistemologica che avrà conseguenze rilevanti: cioè siamo abituati a pensare il computer come macchina e invece il computer si mette a pensare. Il pensiero della macchina è in concorrenza con il nostro.

Nel 1941 Asimov intuì che l’IA sarebbe arrivata e elaborò le quattro leggi della robotica che ruotano attorno al principio che un robot non può mai consentire che sia arrecato danno a un essere umano. Ma ci sono delle variabili. La prima è che il robot può essere ingannato e che la menzogna è costitutiva dell’essere umano. La seconda è che le reti neurali artificiali, cioè il cervello della macchina, possono autoimplementarsi con appositi programmi. Ciò “permetterebbe all’IA di avere una proprio capacità di coscienza scaturente non solo dal primo codice sorgente ma da tutte le sue implementazioni autogeneratesi” (cfr. il testo IA e totalitarismi virtuali, di Cesare Triberti e Maddalena Castellani, Eclettica).

L’IA ha sceglie razionalmente e non emotivamente

Il problema è allora cosa sceglierebbe l’IA dinanzi al famoso dilemma etico del carrello ferroviario. Il problema del carrello ferroviario è il seguente: durante una passeggiata vedete un carrello ferroviario che sfreccia incontrollato sui binari. Lungo la traiettoria del carrello ci sono cinque uomini che lavorano ignari del pericolo. Voi vi trovate nella possibilità di azionare una leva che farebbe deviare il carrello in un’altra rotaia. Ma, facendo questo, il carrello andrebbe a investire un operaio che sta lavorando su questa rotaia. Il quesito che si pone è se sia lecito azionare la leva e uccidere un uomo per salvarne cinque. La maggior parte delle persone interpellate risponde di sì. Il sociologo Joshua Greene evidenziò tuttavia che l’uomo prende decisioni di tipo etico non solo razionalmente ma anche emotivamente.

Quanto l’IA può influire sulle nostre emozioni? Il tema del rapporto con l’informazione è tutto qui. Perché le informazioni che vengono scelte e il modo in cui vengono proposte è un tema etico e influisce sulle emozioni di chi riceve il messaggio. La prima conseguenza della dittatura degli algoritmi è la sfiducia delle persone nel contesto informativo. Sette italiani su 10 pensano che le fake news sono sempre più sofisticate da scoprire e 2 italiani su dieci ritiene di non essere in grado di riconoscere una bufala da una notizia vera.

Il giornalismo e l’intelligenza artificiale

Paradossalmente il giornalismo sarà messo a dura prova dall’IA perché sarà possibile chiedere a un programma di scrivere un articolo su un determinato tema e quindi non avremo più un giornalismo creativo, letterario. Non avremo un Montanelli o una Fallaci ma andando indietro neanche le cronache di un D’Annunzio che scriveva di eventi mondani a Roma su La Tribuna o un Flaiano o un Malaparte ma i professionisti dell’informazione saranno i debunker, gli sbufalatori, quelli che ci spiegano se una notizia è vera o no.

Altra categoria destinata ad avere fortuna sarà quella dei complottisti, per i quali c’è sempre un “dietro le quinte” che ci viene nascosto. Prendiamo ad esempio il video in cui la principessa Kate rivela di avere un cancro. La veridicità del video è stata messa in dubbio. Forse è stato creato con l’IA. Perché? Lei è troppo malata per apparire in pubblico. Si è messa in moto insomma una ridda incontrollabile di voci e di teorie che abbiamo visto circolare anche sul Covid, sui vaccini, sulle recenti guerre.

Ritornare a Erodoto

Il risultato è che gli algoritmi non ci rendono più informati ma più incerti. E la cosa più incerta che c’è saranno proprio le foto e i video. Cioè gli strumenti che fino a qualche decennio fa si ritenevano di arricchimento per l’informazione. Quindi varrà solo ciò che l’uomo vede e racconta. E’ vero ciò di cui sono stato testimone. Un ritorno all’antico e alla storia nella originaria accezione che Erodoto diede a questa disciplina.

Vi è quindi da una parte un flusso di informazioni governate dagli algoritmi che scelgono cosa ci interessa e che impongono al giornalista alcuni codici espressivi senza i quali il suo contenuto informativo non viaggia in rete (parole chiave, ripetizioni, brevità del testo e delle frasi). Dall’altra la testimonianza diretta di chi “ha visto” o “vede”: l’inviato, il reporter, il corrispondente avranno la possibilità di bucare il muro di sfiducia dei fruitori della notizia.

Il futuro dei giornali di carta

C’è infine un altro futuro possibile: i giornali cartacei non spariranno ma torneranno a essere letti da una élite interessata a una informazione selezionata e di qualità. La massa proseguirà a essere bombardata da un mix di falso-vero attraverso la rete. Dove il pericolo non sono le fake news ma il far apparire come etico e apprezzabile un sistema di valori che è in realtà quello che fa comodo al potere per la sua conservazione. L’IA al servizio di questa logica è la più temibile perché si realizzerebbe il connubio tra sofisticata tecnologia digitale e arte della menzogna. Dinanzi al quale non c’è altra salvezza che lo spirito critico. E la qualità umana di chi produce notizie e che magari sceglierà di farvi sapere che le lavoratrici del tessile del Bangladesh che producono l’industria del fast fashion hanno scioperato anziché propinarvi l’ultima lite tra Fedez e Chiara Ferragni.

 

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