Video porno “fake” di Meloni, a processo due sardi: 100mila euro di danni alle donne vittime di violenza

20 Mar 2024 8:49 - di Marta Lima

Ci sono importanti novità nell’inchiesta sulla diffusione dei video “fake”, di genere porno, con protagonista il premier italiano Giorgia Meloni, chiamata a deporre, il prossimo 2 luglio, in tribunale a Sassari, in quanto parte offesa è nel processo contro padre e figlio di 73 e 40 anni. L’accusa nei loro confronti è di aver pubblicato su un sito internet pornografico statunitense dei video contraffatti apponendo il volto della premier sui corpi dei protagonisti di scene hard. Dopo la denuncia, le indagini e l’individuazione dei responsabili, la premier si è costituita parte civile nel procedimento. A rappresentarla l’avvocata Maria Giulia Marongiu, che ha chiesto un risarcimento danni pari a 100 mila euro che la premier vuole devolvere al fondo del ministero dell’Interno per le donne vittime di violenza.

Video porno falsi, Meloni chiede che il risarcimento vada alle vittime di violenza

Anche di “revenge porn”, di cui  molte donne quotidianamente, alcune anche molto giovani, sono vittime. Il tribunale di Sassari procede con rito ordinario solo nei confronti del 40enne imputato per i video contraffatti; per il padre 73enne, l’avvocato difensore Maurizio Serra, ha chiesto la messa alla prova e il giudice deciderà la prossima settimana se accogliere la richiesta.

Arrivano anche i falsi video di promozione finanziaria

La novità delle ultime settimane sono però anche alcuni deepfake, cioè video in cui si prende il corpo e la voce di qualcuno per fargli dire e fare quello che si vuole, con un livello di cura e precisione impressionanti. Ieri sui reel di Facebook è apparsa Giorgia Meloni, con la sua voce e con un labiale “credibile”, che invita gli utenti a investire 250 euro per ricevere rendimenti da decine di migliaia di euro senza fare nulla, “assicurando la sicurezza e l’efficacia di ogni vostro passo” (video). Una clip, visionata dall’AdnKronos, di oltre un minuto e mezzo, prodotto e montato in modo professionale, in cui appaiono anche le app di mobile banking delle principali banche italiane (tra cui Unicredit, Ubi Banca, Banco Bpm) che non saranno sicuramente felici di vedere i loro loghi usati per “certificare” una truffa sul web.

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