Uccise Denny Magina facendolo volare con un pugno dalla finestra? In manette pusher tunisino
Su ordine della Procura della Repubblica di Livorno, i carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della compagnia di Livorno, a seguito delle indagini per la morte di Denny Magina, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di un 34enne tunisino, irregolare in Italia, con precedenti penali, al quale era già stato contestato il reato di spaccio di sostanze stupefacenti il 15 novembre 2022 e che risultava indagato per omicidio. Ora il tunisino è accusato di omicidio preterintenzionale.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri, la vittima, nelle ultime ore di vita, poco lucido per l’assunzione di droga, trovandosi vicino a una finestra aperta, sarebbe stato colpito con un violento pugno al volto dal 34enne tunisino nel corso di una lite e sarebbe caduto all’indietro precipitando dal quarto piano di un alloggio popolare in via Giordano Bruno. Le tracce lasciate dall’anello indossato in quel momento dall’aggressore hanno fatto convergere le indagini sull’arrestato.
L’inchiesta nasce alle prime ore del mattino del 22 agosto 2022 quando il corpo del 29enne livornese Denny Magina venne trovato a terra dopo un terribile volo dal quarto piano di un alloggio di via Giordano Bruno, precipitato dalla finestra di un appartamento occupato abusivamente da spacciatori, non soccorso dai presenti, alcuni dei quali, accortisi della tragedia, si erano solo preoccupati di darsi alla fuga, il 34enne cercando di non farsi vedere mentre alcuni erano tornati sul luogo ed avevano osservato a distanza lo svolgimento dei primi accertamenti. Il giovane sarebbe morto all’ospedale di Livorno alcune ore dopo. L’evento aveva suscitato grande clamore nella popolazione dando origine a diverse manifestazioni in memoria di Denny per mantenere alta l’attenzione su quanto accaduto ed invocare giustizia per la sua morte.
Denny Magina fu ucciso: sotto accusa un pusher tunisino
In particolare, il 34enne arrestato ed un suo connazionale 31enne erano stati accusati di aver trasformato l’abitazione occupata in via Giordano Bruno in una vera e propria centrale dello spaccio, conosciuta e molto frequentata, vendendo cocaina, marijuana e hashish. Secondo la contestazione, il luogo e la costante disponibilità di stupefacenti erano noti agli assuntori livornesi tanto che spesso le consegne avvenivano anche senza alcun precedente contatto telefonico.
militari erano riusciti ad identificare 21 acquirenti a cui erano seguiti numerosi verbali di sommarie informazioni testimoniali delle persone che potevano riferire circostanze utili ai fini delle indagini, come ad esempio di fondamentale importanza due ragazze (totalmente estranee a fatti) che erano presenti sulla strada al momento del volo dalla finestra e che grazie alla loro prontezza di riflessi erano riuscite a riprendere la scena con i loro telefonini nonché la precipitosa fuga di alcuni soggetti dal luogo senza prestare soccorso giovane Denny.
All’esito della prima fase delle indagini, quando tuttavia erano ancora in corso accertamenti soprattutto di natura tecnico-scientifica, su disposizione del Gip del Tribunale di Livorno, a seguito di richiesta del sostituto procuratore titolare del fascicolo, il 34enne era stato rintracciato ed arrestato nella bergamasca mentre il 31enne ad Udine entrambi con l’accusa di ripetute cessioni di stupefacenti nonché detenzione ai fini di spaccio di 183 grammi di marijuana e 70 grammi di infiorescenze della medesima sostanza rinvenuti dai carabinieri la notte della tragedia..
La fuga dei sospettati e la richiesta di asilo
Nell’ordinanza il giudice concordò in pieno con le risultanze investigative raccolte dai carabinieri relativamente alla fiorente e strutturata attività di spaccio, evidenziando il concreto pericolo di reiterazione del reato, in particolare da parte del 34enne definito “cinico e scaltro spacciatore”, nonché la possibile fuga dei due soggetti, irregolari, che subito dopo la morte di Denny Magina avevano lasciato Livorno, il 31enne in particolare aveva addirittura abbandonato l’Italia e chiesto asilo in un altro Paese europeo e nel momento del fermo ad Udine aveva provato a fornire ai carabinieri false
Relativamente all’ipotesi dell’omicidio, lo stesso giudice ritenendo l’ipotesi verosimile e plausibile non la ritenne inattaccabile sottolineando che sarebbe stato necessario attendere gli esiti degli ulteriori accertamenti.