Regionali. La garanzia del “modello Marsilio” contro il caos dell’ammucchiata extralarge

10 Mar 2024 6:57 - di Antonio Rapisarda

Da un lato il modello Marsilio, una garanzia che questa domenica chiede agli abruzzesi solo continuità. Per fare cosa? Per poter giocare il “secondo tempo”, dopo cinque anni di buona amministrazione, con una coalizione stabile in Regione come al governo nazionale e un ritrovato protagonismo dell’Abruzzo: inserito a pieno titolo in tutti i dossier più importanti, dalle infrastrutture alla sanità, dal turismo ai trasporti. Dall’altro lato un’ammucchiata extralarge: gasata dallo “squilletto” di tromba sardo ma incapace strutturalmente di condividere palco, realtà e prospettive. A partire dal nome e dalla ragione sociale.

Già: a che punto siamo con il campo largo tanto agognato da Elly Schlein? È sempre più un Movimento 5 Stelle “allargato”, con un po’ di Pd dentro. Parola di Giuseppe Conte che nell’ultima tappa del suo tour marsicano ha spiegato senza mezzi termini che cosa intende ai taccuini di Repubblica: «Le alleanze servono e il Pd è un protagonista del nostro campo, quello progressista». Avete letto bene: al partito della sinistra e dei post-comunisti viene concesso, dal leader cinquestelle, di essere «un protagonista» del “suo” progetto: non l’asse principale, il piede perno, la casa madre. Tutt’al più un affluente, un portatore d’acqua.

Altro dettaglio di questa guerra di parole – e non solo – per la leadership della coalizione? Per l’ex premier quest’alleanza non può determinarsi con un “tutti dentro” stile Unione di prodiana memoria (anche se non potrà che essere questo. E tale, non a caso, è in Abruzzo) ma una sorta di piattaforma dove ciò che è «giusto» e «progressista» lo decide indovinate chi? Ma certo che lui. E solo lui.

A dimostrarlo ciò che sta avvenendo in Basilicata, la prossima regione al voto: anche là – dopo la Sardegna – i dem sono costretti a ripensare la propria candidatura (nello specifico quella del re delle coop bianche Angelo Chiorazzo) per rincorrere affannosamente l’intesa con il partito di Conte. A nulla sono valsi gli appelli del pur giallo-rosso Roberto Speranza nonché gran sponsor, fra i big lucani, di Chiorazzo: «Chiedo a Conte di avere più generosità:  il sostegno dato alla Todde è costato molto al Pd, è costato una micro scissione nel Pd…». Niente da fare: l’indicazione dovrà convenire ai contiani. Altrimenti addio sogni di “campo”.

Ma attenzione: non bastano nemmeno le candidature proprie (come la Todde) o comunque d’area 5 Stelle. Anche il terreno politico deve essere arato con la “semina” grillina. Ultimo assaggio si è avuto con il salario minimo: fino a qualche mese fa visto come la peste dal duplex Pd-Cgil ma adesso portato in processione da Schlein e Ladini con “San Giuseppi” e la sua pochette. E andando a ritroso non si può non intravedere il cedimento mostruoso sul reddito di cittadinanza: per anni più che combattuto dai dem salvo poi rimangiarsi tutto per la coabitazione di governo.

Ma il CamaleConte non si accontenta di certo. Per la sua ossessione, rientrare in qualche modo a Palazzo Chigi, vuole tutto: vuole l’anima del Pd. Ossia la sua (ormai ex) vocazione maggioritaria. E con un Pd junior partner senza sparare un colpo è ancora meglio. Da “partito di Bibbiano” a partito di riserva: per i grillini un vero affare.

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