L’attivista sfregia e fa a pezzi col taglierino il dipinto di Balfour a Cambridge: “Era contro la Palestina” (video)

9 Mar 2024 13:18 - di Lara Rastellino
dipinto Balfour

Ci risiamo, ancora uno scempio inferto a un dipinto. Ancora un atto vandalico mascherato da attivismo. E un ennesimo blitz contro un’opera d’arte in nome di una rivendicazione ammantata dal pannicello caldo della motivazione politica che si richiama al conflitto israelo-palestinese. Questa volta siamo a Londra, dove una militante pro Palestina ha fatto a pezzi un ritratto di Lord Balfour, storico primo ministro britannico, esposto al Trinity College, nell’università di Cambridge, (Londra): prima lo imbratta con vernice rossa. Poi, non ancora paga, infierisce con un taglierino sulla tela, lacerandolo irreparabilmente. Si, perché il danno al dipinto è sostanzialmente irrimediabile…

 

Londra, l’attivista pro-Palestina fa a pezzi il dipinto di Lord Balfour

Un’azione, quella di ieri a Londra, nell’università più prestigiosa del Regno Unito, che risuona come una doppia beffa e una sconfitta che va ben oltre i confini britannici. Sì, perché assistere – come è possibile fare guardando il video virale sui social da ieri – segna una doppia sconfitta morale: l’apice negativo del livello di scontro imposto dalla cancel culture e il grado elevato all’ennesima potenza raggiunto dall’anti-sionismo imperante in certi ambienti, specie quelli universitari. Un’azione, quella di ieri, che va dunque ben oltre la contestazione locale inscenata nel prestigioso ateneo inglese.

L’antisionismo imperante nelle università colpisce a Cambridge

Già, perché il messaggio che filtra oltre quella coltre di vernice rossa spruzzata sul dipinto e che sottende alla mano che sfregia la tela passa per un richiamo alla storia e si declina con veemenza all’oggi. Balfour, primo ministro all’inizio del ‘900, secondo il gruppo Palestine Action è stato uno dei responsabili «dell’avvio della pulizia etnica con la sua dichiarazione del 1917», con cui promise l’assegnazione di terre con un atto che il governo britannico, in base alla posizione degli attivisti, non avrebbe avuto la facoltà di compiere.

L’attivista pro-Palestina tra conflitto in Medio Oriente e cancel culture

Pertanto, l’azione vandalica compiuta in una delle università in cui il movimento anti-sionista e pro-Palestina è maggiormente forte e più rivendicato che mai, non è un caso. Come esplicitano chiaramente peraltro i componenti del gruppo che si fa chiamare Palestine Action e che nella rivendicazione social che fa da didascalia alle immagini del video che – scrive Il Giornale, ha raggiunto in breve quasi 250.000 like – afferma: «Scritta nel 1917, la dichiarazione di Balfour diede inizio alla pulizia etnica della Palestina promettendo la cessione della terra», scrivono gli attivisti nella loro dichiarazione social.

La rivendicazione sui social, il video virale della distruzione del dipinto di Balfour

E ancora. «Gli inglesi aprirono la strada alla Nakba e addestrarono la milizia sionista a pulire etnicamente oltre 750.000 palestinesi, distruggere oltre 500 villaggi e massacrare molte famiglie. La Nakba non si è mai fermata e il genocidio oggi è radicato e sostenuto dalla complicità britannica», proseguono nel loro manifesto. Un proclama, quello affidato al post, in cui – riferisce sempre il quotidiano milanese – «non si legge niente di nuovo rispetto a quanto da sempre sostenuto da “Palestine Action”, che si definisce come “la rete di azione diretta che smantella la complicità britannica nell’apartheid israeliano”».

Distrutto il dipinto di Balfour, timore e sdegno diffusi dopo l’ultimo blitz contro un’opera d’arte

Intanto, i timori e l’indignazione di quanti, in questi ultimi mesi, hanno sollevato dubbi sul pericolo concreto che in investe le opere d’arte occidentali e sdegno per una forma di protesta e di rivendicazione che gli attivisti stanno portando avanti senza tregua e indiscriminatamente, aumentano ad ogni nuovo blitz, ad ogni nuova incursione vandalica. E il fatto che il ritratto di Balfour abbia una valenza prettamente simbolica per il richiamo alla questione palestinese non fa che allargare il campo delle possibilità che i rischi di danneggiamenti e distruzioni degli attivisti possano estendersi indiscriminatamente a target sempre più significativi e di pregio. Perché per quanto custodite e protette possano essere le opere, è chiaro ormai che per dare sempre maggiore risonanza alle loro missioni, militanti pro-Palestina e eco-vandali punteranno sempre più in alto…

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