Dossieraggio, Foti: “Necessario capire i mandanti. Preoccupa il silenzio della sinistra”

4 Mar 2024 9:59 - di Sveva Ferri
dossieraggio foti

L’ufficio di presidenza della Commissione Antimafia si riunirà oggi per valutare la richiesta di audizione del procuratore Antimafia Giovanni Melillo e del procuratore di Perugia Raffaele Cantone nell’ambito inchiesta sul cosiddetto dossieraggio. All’incontro parteciperanno anche i rappresentanti dei gruppi. Melillo e Cantone hanno chiesto anche di essere sentiti da Csm e Copasir. Una volontà di confronto che, secondo il capogruppo alla Camera di FdI, Tommaso Foti, suggerisce che sul caso del dossieraggio “probabilmente che c’è più di quel che sappiamo”. Ciò che è certo, per Foti, a sua volta finito nella lista di 800 politici e vip spiati, è che la parte “politicamente rilevante della vicenda è quella dei mandanti”. Anche alla luce del fatto che la gran parte degli accessi abusi contestati al finanziere Pasquale Striano riguardano esponenti del centrodestra, per lo più in concomitanza di eventi significativi per la vita politica e sociale del Paese come la formazione del governo.

Foti sul dossieraggio: “Bisogna capire i mandanti, è la parte politicamente più rilevante della vicenda”

“Gran parte delle persone scrutate appartengono al centrodestra. E l’attività è stata serrata prima delle elezioni e prima della costituzione del governo”, ha ricordato Foti in un’intervista al Corriere della Sera, sottolineando inoltre che “su questa vicenda assai preoccupante c’è stato un silenzio assordante da sinistra. Mi chiedo: cosa avrebbero detto se queste attività avessero visto coinvolte persone appartenenti in prevalenza alla sinistra?”. All’obiezione di Marco Cremonesi, che firma l’intervista, sul fatto che alla Procura di Perugia non risulta “dossieraggio”, Foti ha ricordato che “sono vicende che non avrebbero mai dovuto verificarsi”. “Mi pare comunque chiaro che l’obiettivo fosse quello di spiare la vita di personalità del mondo politico, e non solo. L’intento evidente è quello di utilizzare tali informazioni in modo opaco”, ha sottolineato, dopo che nei giorni scorsi aveva già chiarito che l’altro aspetto da illuminare è quello su “quali interessi privati si celano dietro queste campagne”.

I giornalisti del Domani indagati e il “totale superamento dei limiti della deontologia”

Foti, quindi, si è soffermato anche sul ruolo che certa stampa ha avuto nella vicenda, riflettendo sul fatto che la pubblicazione delle notizie non necessariamente esclude un uso “opaco” delle informazioni ottenute. “Finché il quadro non è chiaro, non lo sappiamo. Lo dico senza voler ledere alcun principio di garanzia nei confronti di alcuno”, ha puntualizzato, ricordando che “in ogni attività, gli atti devono essere guidati dalla deontologia. Ma qui, i limiti della deontologia mi pare siano superati del tutto”. Nell’inchiesta risultano 15 indagati. Oltre a Striano e al sostituto procuratore della Dna Antonio Laudati, si sa che ci sono tre giornalisti de Il Domani – Giovanni Tizian, Stefano Vergine e Nello Trocchi – e altre persone che avrebbero sollecitato la richiesta di informazioni. Il quadro che emerge allo stato attuale è che Striano avrebbe effettuato diversi accessi su richiesta, tanto che Il Giornale oggi dedica un articolo a «Il luogotenente al servizio del “metodo Domani”», riferendo di ben 337 documenti inviati dal finanziere a Tizian, tra quando era in forze all’Espresso e poi è passato a De Benedetti.

La riflessione di Cerno sul silenzio della sinistra

In questo contesto, non sono solo Foti e il centrodestra a rilevare il “preoccupante” silenzio della sinistra. Anche il nuovo direttore del Tempo, Tommaso Cerno, uno che la sinistra la conosce bene per essere stato parlamentare del Pd, rileva nel suo editoriale su “Il complice silenzioso del piano anti Meloni” che “in uno Stato normale tutto il Parlamento si leverebbe a chiedere con forza chiarezza su quello che sembra un sistema a metà fra il ricatto personale e il golpe politico”, mentre “nella strana Italia di questi anni si arrabbiano solo quelli della destra”. “Domandiamoci cosa vedremmo fuori dalla finestra della nostra redazione de Il Tempo, qui a piazza Colonna, proprio di fronte a Palazzo Chigi, se per sbaglio fosse stata scoperta dai pm di Perugia una lista di politici con la tessera del Pd dossierati e poi dati in pasto all’opinione pubblica sulla base di informazioni riservate, che funzionari dello Stato cedevano a terzi in prossimità del voto”, scrive il direttore “pronto a scommettere su questa scena: la piazza straboccante di gente, cartelli e fischietti, bandiere e picchetti. Tutti a chiedere la testa del premier e a inaugurare un’inquisizione contro gli avversari politici, colpevoli senza ombra di dubbio, proprio nel nome di quella Costituzione che invece oggi non si sente difendere”. “Ma – conclude – come potrete vedere piazza Colonna è deserta. E lo resterà”.

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