Canfora & Co: l’invasione tv degli “ultrà” anziani
La verità? Servono più allo show che al talk…

29 Mar 2024 7:20 - di Lamberto Laudisi

“Vivo la vita così alla giornata con quello che dà/ sono un artista e allora mi basta la mia libertà”, cantava Franco Califano (ne La mia libertà, ndr). E Luciano Canfora, la giornata la passa così, esprimendo la sua libertà così, con toni un po’ così. In un impeto di nostalgia per i tempi che furono, lo storico ha definito la premier “neonazista nell’animo” perché schierata con i “neonazisti ucraini” in contrapposizione a quella Russia che, chissà se lo ricorda, non è più l’Unione sovietica faro del comunismo mondiale. Ma il punto interessante qui è un altro: Canfora è spesso, spessissimo, ospite di talk show di vario tipo. Allora viene da chiedersi: è una nostra impressione o veramente i talk show sono invasi – pacificamente, a differenza dei carrarmati comunisti ieri e russi oggi – da personaggi molto anziani, spesso ultraottantenni? Perché piacciono così tanto?

Domanda che si sono posti anche a TvTalk, che analizza le mutazioni della tv italiana, e ci ha colpito la risposta di uno dei più noti critici televisivi italiani, Riccardo Bocca, per anni firma de L’Espresso e oggi a Tpi. “I personaggi anziani – dice Bocca – meglio se molto anziani, sono diventati dei veri e propri caratteristi. Inseguiti da teleautori e conduttori in agonia di idee che li utilizzano per avere questo complesso di escandescenze, di incontinenze verbali, di screpolature comportamentali e, quando succede, anche di volgarità gratuite”. Servono più allo show che al talk, banalmente.

Polarizzano il dibattito, rappresentano l’ospite che più che avere atteggiamento costruttivo, è lì per distruggere. Il loro ruolo è quello del personaggio che disprezza, l’Ebenezer Scrooge – il cattivo del Canto di Natale di Charles Dickens, senza nessuna redenzione – dell’analisi politica italiana. Disprezzo perlopiù nei confronti del governo e degli esponenti della maggioranza, in quanto di destra, ma anche dei tempi attuali, della modernità e, ancora, dell’Occidente. Edmondo Berselli, parlando degli “intelligenti d’Italia”, raccontava la loro metamorfosi da giovani promesse a soliti stronzi fino alla consacrazione in venerati maestri. Pochi, pochissimi i venerati maestri, sottolineava Berselli. E come dargli torto.

Oggi colpa di internet forse, perché le clip dei nonnini intellettuali che accusano, emettono sentenze senza appello, giudicano o semplicemente urlano, diventano preziosissime per fare traffico sulle pagine social dei programmi, finiscono sui maggiori siti italiani. Fanno girare il brand, insomma. A costo zero. E quel disprezzo, camuffato d’esperienza, di vite vissute quando la politica era politica, le istituzioni erano istituzioni, la cultura era cultura, danno all’ospitata una patina di nobiltà; apparenza, più importante della sostanza. Una forma di populismo, ma più raffinato. Salvate gli over 80 dalla tv. Perché, in fondo, per dirla ancora con Califano, in assenza di venerati maestri, “tutto il resto è noia”.

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