Veglia di Paolo di Nella: che pena la troupe di Piazza Pulita, cerca i saluti romani ma non li trova

9 Feb 2024 17:50 - di Gloria Sabatini

Da 41 anni, tra l’8 e il 9 febbraio in piazza Gondar a Roma si svolge una veglia per ricordare Paolo Di Nella, militante del Fronte della Gioventù, colpito alla nuca il 2 febbraio 1983  da due esponenti dell’Autonomia operaia mentre affiggeva manifesti per restituire ai cittadini un’area verde. Morto dopo 7 giorni di coma. Non è un appuntamento ufficiale, non viaggia sui social, non campeggia sui manifesti, ai partecipanti non serve metterlo in agenda perché quella maledetta notte è  scritta nel cuore. Così come la ferita per la giustizia negata: dopo 41 anni i colpevoli non hanno ancora un nome e non ha scontato un giorno di carcere.

La veglia per Paolo Di Nella a piazza Gondar dopo 41 anni

Anche ieri la notte non è trascorsa senza l’omaggio intimo, nel luogo dove Di Nella venne aggredito. In tanti si ritrovano lì, proprio come 41 anni fa si ritrovarono a vegliare l’amico giorno e notte, seduti nei corridoi del Policlinico di Roma, finché la speranza nel miracolo si dissolse, nel giorno del ventesimo compleanno di Di Nella. Forse da allora in tanti hanno smesso di dormire. Un rito laico davanti al muro con la scritta Paolo Vive, a cui ieri hanno partecipato molti ex ragazzi dell’epoca, qualche esponente di FdI  e militanti di Gioventù nazionale. Che non è una pericolosa formazione neo-fascista ma l’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia. Nessuna adunata nera, nessuna esibizione muscolare.

Che pena la troupe di Piazza Pulita a cercare i saluti romani

Ma questo, purtroppo, Corrado  Formigli non lo sa, o finge di dimenticarsene. Così ieri ha spedito una troupe di Piazza Pulita a riprendere, annusare l’aria, registrare gesti e posture della destra per confezionare un bel servizio sul “pericolo nero”, questa volta romano. Facevano quasi tenerezza: il solito operatore e l’inviata (la stessa mandata alla commemorazione dei caduti nel cimitero del Verano lo scorso gennaio) a cercare il saluto romano, che non hanno trovato. A sbadigliare aspettando oltre la mezzanotte l’inciampo, per fare il titolone ad effetto a cui la trasmissione de La 7 ci ha abituato.

La sua morte un punto di non ritorno

La troupe ha trovato persone che parlano, si riabbracciano dopo anni, ricordano, cantano insieme (persino la pericolosa “Canzone del Sole” di Battisti), finché non sfilano davanti al muro dell’aggressione e portano la mano al cuore, a rinnovare un giuramento. Che ha il sapore dell’impegno civile, un inno alla vita. Sì perché Paolo Di Nella ha una storia speciale e la sua morte segna uno spartiacque. Silenzioso, minuto, capelli lunghi, era lontanissimo dagli stereotipi del fascistello dei primi anni ’80. Parlava di socialità, di comunità di quartiere. In quegli anni la destra giovanile aveva mosso passi da gigante nel superamento delle contrapposizioni ideologiche e il dialogo generazionale sembrava a portata di mano. Trascorsi gli anni dei proiettili e delle mitragliette skorpion, quel colpo alla nuca è un balzo all’indietro. E per questo segna il punto di non ritorno per la destra giovanile, che rinunciò alla vendetta e decise di non rispondere al sangue innocente con altro sangue innocente. E così sarà.

La visita del partigiano Pertini al capezzale

Paolo Di Nella compirà il miracolo con la visita a sorpresa del presidente partigiano Sandro Pertini e del sindaco comunista Ugo Vetere al suo capezzale, farà ricredere comunisti incalliti come Giuliano Ferrara, che, all’indomani della morte,  firmò un editoriale su Repubblica per ammettere che si doveva rispetto al morto (che anche se la sua vita politica era “deprecabile”)  Alla famiglia arriva il telegramma di condoglianze di Enrico Berlinguer. Si fa strada il sospetto che uccidere un fascista è reato.

Quelle indagini insabbiate di cui Formigli non si occupa

Eppure 41 anni dopo la stampa sorveglia ogni gesto degli avversari, cercando braccia tese, odio e  razzismo. Supera i confini della pietas e del rispetto (una veglia è di per sé un fatto privato, non un’adunata sediziosa) interpretando proprio quel nostalgismo che denuncia a parole. Un consiglio a Formigli, giornalista di lunga data e campione di scoop, perché non dedica qualche puntata alle inchieste giudiziarie insabbiate sui morti degli anni 70, anche quelli della parte sbagliata? Perché la vera notizia di oggi, non è la veglia notturna in ricordo di un ragazzo morto 41 anni fa ma l’impunità garantita ai suoi assassini.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Gino sestini 10 Febbraio 2024

    Caro Paolo sono passati 41 anni , io allora ne avevo 34 la mia indignazione , ma funziona meglio chiamarla incazzatura, non è ancora finita

    per ciò che ti fecero ,e per ciò che polizia ,politica e magistratura non fecero x far pagare i delinquenti assassini del delitto commesso riposa in pace Paolo