L’intervento. Caro Zagrebelsky, la libertà è anche responsabilità. Quanto al premierato….
Le manifestazioni contro l’intervento militare israeliano nella striscia di Gaza organizzate in varie città italiane da alcuni collettivi studenteschi e da movimenti della sinistra ripropongono il tema del bilanciamento tra la libertà di manifestare e la garanzia di altri beni o interessi costituzionalmente rilevanti. Nessuno mette in dubbio che la reazione della polizia nei confronti dei manifestanti di Pisa o di Firenze – come sottolineato dal Capo dello Stato – ponga l’esigenza della verifica (e, se necessario, della punizione) di eventuali eccessi di qualche appartenente alle forze dell’ordine. Al contempo, però, si pone una ulteriore questione, che non è certo di minore importanza e che, anzi, è centrale in ogni democrazia pluralista. Si tratta della definizione della consistenza e dei limiti delle libertà e dei diritti fondamentali di ciascuno in rapporto alle libertà e ai diritti degli altri e in relazione ad ulteriori interessi di analogo pregio costituzionale.
Per troppo tempo, infatti, nel dibattito scientifico, nel confronto pubblico e nelle “narrazioni” dominanti di una visione liberal-individualista, l’accento è stato posto quasi esclusivamente sui diritti e sulla libertà individuale e pochissimo sulla necessaria corrispondente responsabilità di ciascuno nei confronti degli altri e della comunità nel suo complesso. Eppure, già in Assemblea costituente Meuccio Ruini avvertiva che in un ordinamento democratico non vi può essere libertà senza responsabilità, non vi possono essere diritti senza doveri, non vi può essere pretesa individuale senza solidarietà sociale. Tale necessaria corrispondenza è scolpita in modo nitido nell’art. 2 della Costituzione repubblicana ed è ripresa in concreto nella disciplina specifica di tutte le libertà, dei diritti e dei doveri (artt. 13 – 54 Cost.). Si spiega così la previsione espressa o, comunque, l’implicito riconoscimento di limiti a ciascuna libertà o diritto individuale a fronte della necessità di garantire le analoghe situazioni soggettive di altri cittadini ed il normale funzionamento delle istituzioni politiche repubblicane. In democrazia, questo necessario bilanciamento può essere chiamato, molto semplicemente, “ordinata convivenza”.
Ebbene, anche la libertà di manifestare – riconducibile alla libertà di riunione in luogo pubblico (art. 17 Cost.) – non è ovviamente priva di limiti a tutela di altri interessi costituzionalmente rilevanti. Così – come ieri si premurava di ricordaci dalle colonne di Repubblica un presidente emerito della Corte costituzionale come Gustavo Zagrebelsky – i cittadini hanno diritto di riunirsi senza preventiva autorizzazione della autorità pubblica; ma devono farlo, tuttavia, “pacificamente e senz’armi” (art. 117, I comma, Cost.) Non di meno, pur senza necessità di autorizzazione, delle riunioni in luogo pubblico “deve essere dato preavviso” e ciò affinché le autorità preposte possano efficacemente garantire, insieme ai diritti dei manifestanti, la “sicurezza” e la “incolumità pubblica”; vale a dire, in buona sostanza, i diritti e le libertà degli altri cittadini.
Epperò, mi viene sommessamente da aggiungere un ulteriore passaggio rispetto al rigoroso avvertimento dell’emerito costituzionalista innanzi evocato, il quale, sorprendentemente – o forse no – è stato assai “mite” proprio sul punto. Chi pretende di esercitare la propria libertà di manifestare rifiutandosi di adempiere agli oneri minimali che l’ordinamento democratico richiede (il preavviso, appunto) – o, peggio, pretendendo di violare i limiti che l’ordinamento legalmente dispone a tutela della sicurezza o della incolumità altrui – esercita in modo prepotente, comunque illegittimo e talvolta addirittura illecito, la propria libertà. Lo si può anche comprendere, soprattutto se si tratta di studenti. In molti lo hanno fatto. In molti lo abbiamo fatto, spinti dalla sana passione per gli ideali e per le cause che abbiamo ritenuto, a torto o a ragione, “giuste”. Sono convinto, dunque, che nei confronti dei più giovani non sarebbe né utile, né auspicabile indugiare in forme di bigottismo “law and order”. Per la stessa ragione concordo che ogni manganellata è una sconfitta dello Stato. Al contempo, però, si deve essere ben consapevoli del carattere inscindibile del legame tra i diritti, i poteri e i doveri. Binomio che vale certamente per le forze dell’ordine, ma anche per i giovani manifestanti, i quali, proprio esercitando i propri sacrosanti diritti, devono acquisire la consapevolezza che in democrazia la libertà è (anche) responsabilità.
La stessa responsabilità che ognuno di noi dovrebbe saper indicare ai più giovani, insieme al gusto della libertà e della democrazia. Una democrazia nella quale nessuno, per quanto autorevole, dovrebbe suggestivamente accostare una legittima vittoria elettorale ad un manganello, nel tentativo di avversare una riforma costituzionale, quella del premierato elettivo, legittimamente affidata al vaglio del Parlamento ed, eventualmente, degli elettori italiani.
* Ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico e Componente del Consiglio Superiore della Magistratura