La storia sconosciuta della foiba di Kremenar, dove furono vilmente uccisi i carabinieri della brigata Gamucci
C’è stato un comunismo proporzionalmente più comunista di quello sovietico, dal quale infatti si sganciò accusandolo di eccessiva “moderazione” e lo avevamo a due passi, nell’Albania triste e truce nella quale l’orrore e la repressione erano all’ordine del giorno.
Il libro del maresciallo dei carabinieri Antonio Magagnino ( La foiba di Kremenar – edizioni Porto Seguro) ricorda l’eccidio di Kremenar dove undici nostri carabinieri furono crudelmente infoibati e dimenticati. Non hanno ricevuto neanche dopo una degna sepoltura. Non che fosse un fatto singolare nell’Est europeo e nella futura cortina di ferro. Un militante pugliese del MSI, Giuseppe L’Insalata, spese tutta la sua vita nell’impegno per la restituzione delle salme dei nostri militari caduti in Russia.
La brigata Gamucci (111 carabinieri) fu sterminata nel pomeriggio del 4 novembre 1943. Il principale aguzzino di quel lungo periodo di morte fu Mehmet Shehu, che in seguito divenne presidente albanese. Una figura misconosciuta di Pol Pot dell’est , che agiva in quel perimetro adriatico nel quale da un lato Tito e dall’altro gli albanesi insudiciavano il fronte occidentale. Trieste non era ancora tornata Italiana.
Fu un conflitto ibrido geograficamente che attraversò tutta l’area adriatica confinante tra la nostra nazione e i Paesi convertiti al socialismo reale. Uno dei tanti microcosmi sottaciuti e giustificati come improbabile guerra di resistenza. Nell’Albania e nella Jugoslavia che assunsero posizioni di grande lacerazione con Mosca, trionfava l’assenza di qualsiasi deterrenza etica. Il sogno titino guardava sino a Venezia come possibile avamposto.
Magagnino ha il merito di disvelare una verità, una delle tante, di un sangue dimenticato e oltraggiato. Uccisi per odio etnico e per una volontà di annessione del nostro Nordest a cui il Patto di Varsavia avrebbe continuato a guardare. Era il timore di Churchill e fu il sogno che il Maresciallo di Belgrado conservò per tanto tempo. Un male oscuro scampato dentro il quale caddero migliaia di italiani. Ancora oggi senza nemmeno il diritto di avere la consolazione del pianto.