La solitudine dei numeri buoni: redditi a livelli pre-Covid e più lavoro, ma “si dice” che l’Italia è più povera

19 Feb 2024 16:32 - di Leo Malaspina

“La realtà è reale intrinsecamente. La percezione è basata sulla separazione fra il soggetto che percepisce e l’oggetto percepito. E qui occorre distinguere l’atto del percepire in sé, la percezione in sé, che è reale in quanto percezione, dall’immagine di quello che è percepito che si forma nella mente”, è scritto in un testo di sociologia. Capito? No, ma forse avrete percepito il senso. Perché la percezione, nel linguaggio, nell’amore e nella vita, spesso è ingannevole, così come nell’economia. Ecco perché se si chiede a qualcuno, per strada, come vanno le cose, difficilmente ti dirà bene, un po’ per scaramanzia e un po’ per il martellamento della retorica pessimistica sull’Italia che si impoverisce che tanto piace ai giornali e tanto fa comodo all’opposizione. Eppure, se si guarda ai numeri, quelli dell’Istat non del bancolotto, si coglie il gap notevole che esiste nella pubblica opinione tra “percezione” e “realtà”.

La percezione sull’Italia che si è impoverita, ma non è vero

I numeri buoni del governo Meloni, come sempre – ma questo è accaduto anche in passato – oggi sono più soli che mai, come i numeri primi del famoso libro di Paolo Giordano. Il vero freno dell’economia italiana, è evidente, è stata l’inflazione, che ha impattato sul potere d’acquisto delle famiglie, certo, ma che ora sta rallentando più che in altri paesi europei. Compensata però dall’aumento dell’occupazione e dalla ripresa delle dinamiche salariali, al unto che oggi, ileddito medio degli italiani,è tornato a livelli pre-Covid, come fa notare un articolo di analisi pubblicato oggi dal Foglio. Eccola qui, la percezione. L’Istat, nel suo outlook per il 2024, parla di un Pil italiano in crescita dello 0,7% sia nel 2023 sia nel 2024, anche se in rallentamento rispetto al 2022 causa guerre in corso, con l’aumento del Pil sostenuto principalmente dal contributo della domanda interna, aumento dei consumi privati (+1,4% nel 2023 e
+1,0% nel 2024) e con la buona notizia della decelerazione dell’inflazione favorita da misure del governo e dalle manovre della Bce, per non parlare del filotto di boom dell’occupazione in crescita con conseguente calo del tasso di disoccupazione (7,6% quest’anno e 7,5% l’anno prossimo) anche grazie alla revisione del reddito di cittadinanza.

Il mercato del lavoro corre come non mai

“La dinamica del deflatore della spesa delle famiglie residenti scenderà dal +5,4% e al +2,5% nel 2024”, è la previsione. Realtà batte percezione, quindi? No. “Se fermi una persona per strada ti dirà che il caffè costa ormai 1 euro e 30 e che con 60 euro non riempie più tre sacchetti della spesa come faceva prima. Se sfogli un giornale o accendi la tv ti diranno che l’Italia è in crisi economica. Eppure il mercato del lavoro continua a correre. Solo nel 2023 456 mila persone in più percepiscono uno stipendio in Italia; se allarghiamo lo sguardo agli ultimi 24 mesi il saldo positivo raddoppia a 885 mila lavoratori in più”, fa notare oggi Il Foglio. Che spiega: anche negli Usa l’economia va bene ma la percezione è negativa.  Certo, l’economia italiana non vola ma certo non è in recessione, anzi, “e non possiamo definirci in crisi economica, come invece fanno molti”, scrive ancora Il Foglio.

La solitudine dei numeri buoni

I numeri buoni parlano: le famiglie italiane a fine 2023 hanno infatti recuperato il potere d’acquisto precedente alla pandemia: in sostanza il loro reddito in termini reali – che cioè tiene conto dell’inflazione – è tornato sui livelli di fine 2019, smentendo quindi i timori di impoverimento e i proclami di sventura”.

L’economista Riccardo Trezzi la spiega così al Foglio: “Immaginiamo l’Italia come una famiglia: fino a un anno fa era composta da papà, mamma e due figli, uno studente e l’altro disoccupato. Oggi i due genitori continuano a lavorare allo stesso stipendio: presi singolarmente quindi il loro salario si è svalutato. Ma nel frattempo uno dei due figli ha finalmente trovato un impiego part-time, contribuendo al reddito famigliare. Ecco quindi come il potere d’acquisto è rimasto stabile, nonostante l’inflazione”.

Eppure il pessimismo dilaga, sempre, come se fosse una coperta di Linus. Nella solitudine dei numeri buoni.

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