L’intervista. Speranzon: “Da Pd e M5S polemiche ridicole. L’Autonomia rinsalda l’unità nazionale”

17 Gen 2024 17:15 - di Annamaria Gravino
speranzon autonomia

L’Aula del Senato, dove prosegue il dibattito sull’Autonomia differenziata, ha respinto la richiesta dell’opposizione di non non passaggio agli articoli del ddl Calderoli, dopo che ieri ne aveva già respinto le quattro pregiudiziali di costituzionalità. Dunque, si va avanti spediti su una legge che non è “spacca-Italia”, ma che, come sottolineato dallo stesso Roberto Calderoli, “cerca di rimettere insieme un Paese che è diviso”. Un tema sottolineato anche da Raffaele Speranzon, vicecapogruppo vicario di FdI al Senato, che al Secolo d’Italia ricorda: “Sono le inefficienze dello status quo a dirci che c’è una necessità da parte del legislatore di mettere mano all’architettura istituzionale”.

Senatore, la destra non ha una tradizione regionalista. Cosa significa l’autonomia per FdI?
Significa prima di tutto dare una risposta ai cittadini, offrendo loro la possibilità di avere prestazioni e servizi migliori. L’autonomia per le Regioni è un’opportunità, non toglie nulla, dà invece la possibilità di assumersi la responsabilità di offrire servizi migliori di quelli che può offrire lo Stato, se ritengono di poterlo fare. E poi significa tutelare lo Stato.

Delegando competenze?
Creando le condizioni per servizi migliori. L’anti-Stato è figlio dell’inefficienza, molti cittadini avvertono una frustrazione che li allontana dallo Stato, perché lo percepiscono più per le sue inefficienze, per la sua burocrazia, per gli ostacoli che pone che come garante di servizi loro vicini. Questo crea una disaffezione nei confronti della Nazione e per questo l’autonomia differenziata, che punta a garantire servizi migliori, rappresenta anche un rafforzamento dello Stato e del suo rapporto con i cittadini.

Alcune Regioni avranno più soldi di altre?
Nessuno riceverà soldi, le Regioni avranno semplicemente la possibilità di crearsi un vantaggio con l’efficientamento di servizi, prestazioni e risorse negli ambiti in cui ritengono di poterlo fare. Le risorse per i Livelli essenziali di prestazioni sono assicurate su tutto il territorio nazionale. Nessuno in Parlamento pensa di lasciare indietro qualcuno. I principi di sussidiarietà e solidarietà ci sono come ci sono sempre stati: le parti più ricche del Paese continuano a sostenere quelle che devono avere uno sviluppo maggiore. Del resto, la crescita di tutti va a beneficio di tutta l’economia. Però, bisogna anche valorizzare chi sa fare un uso migliore delle risorse di cui dispone. Si introduce un criterio meritocratico tra chi sa amministrare e chi no, che mette i cittadini in condizione di scegliere tra buona e cattiva amministrazione.

In pratica come funzionerà?
Le faccio l’esempio dell’autonomia scolastica. Con l’autonomia gli istituti scolastici hanno un’amministrazione diversa, perché hanno un direttore didattico e una gestione diversa e scelgono di ridurre alcune spese o di aumentarne altre, si crea una differenza che non va a toccare l’uniformità base garantita a tutte le scuole pubbliche, hanno solo la possibilità di fare scelte diverse e dare un servizio diverso, più calibrato sull’esigenze dell’utenza, magari anche con una competizione in positivo. Con l’autonomia differenziata le Regioni avranno la possibilità di assumersi l’onere dei servizi che ritengono di poter offrire a costi inferiori e qualità maggiore rispetto a quella garantita dallo Stato. Per altro non c’è un obbligo e non si tratta di un processo irreversibile. Se ci sono Regioni che ritengono di poter offrire servizi migliori senza costare di più allo Stato, perché negare questa possibilità? Semmai tutte le regioni potranno fare meglio.

In sostanza, mentre ora su alcune competenze Stato e Regioni vanno in conflitto, con l’autonomia potranno trovarsi in una competizione virtuosa?
La legge offre uno stimolo al miglioramento, dà un’opportunità alle Regioni. Io credo che la useranno con parsimonia e grande senso di responsabilità anche perché poi ne dovranno rispondere sia ai cittadini sia allo Stato. La riforma abbatte i rischi di sprechi e stimola a una spesa migliore delle risorse esistenti.

Non c’è il rischio che il Sud resti ancora più indietro, come dice l’opposizione?
Questa è una cosa ridicola. Se il Sud è in queste condizioni, evidentemente le risorse che arrivavano dallo Stato erano intese più come mezzo utile per costruire clientele e consensi piuttosto che per garantire prestazioni adeguate alle attese di cittadini. Quello che si vuole realizzare con la riforma è un’assunzione di responsabilità: autonomia significa maggiori responsabilità, non smembramento. Poi c’è anche un altro tema.

Dica
Si parla molto di Nord-Sud, di Regioni che vanno a velocità doppia rispetto ad altre. Ma noi abbiamo anche all’interno della stessa regione territori che vanno a velocità doppia rispetto ad altri, abbiamo centro e periferie, pianura e montagna, isole piccole e isole grandi. Per chi come FdI si impegna a garantire l’unità nazionale e sente il dovere politico e civico di garantirla questa proposta va nella direzione opposta: quella di mettere in condizione i territori che hanno avuto servizi pessimi di diventare centrali, perché le esigenze del piccolo comune periferico che per lo Stato sono invisibili per l’amministrazione regionale sono più facili da vedere.

Dunque, il sì all’autonomia non è in contraddizione con la cultura politica della destra e, anzi, rafforza principi come l’unità nazionale e la centralità del cittadino. Però dicono che è frutto di uno scambio col premierato…
Un’altra polemica ridicola di Pd e M5S. Noi stiamo approvando questa riforma in primis perché ci crediamo, poi perché era nel programma elettorale su cui si è espressa la maggioranza dei cittadini, dunque è un impegno nei loro confronti. Poi, di pari passo, andiamo avanti con la riforma istituzionale importantissima del premierato, che garantisce la stabilità dei governi e il diritto dei cittadini di scegliere, sottraendolo alle alchimie di Palazzo. Poi basterebbe andare a rileggere i patti di governo che Pd e M5S hanno fatto durante la passata legislatura – non chissà quanto tempo fa – quando pure loro si proponevano di raggiungere questi risultati, che oggi si raggiungono grazie a Meloni proprio perché ci permettono di rinsaldare l’unità nazionale.

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