Truffa all’Inps del gruppo Gedi, il gip dice no al patteggiamento. Ma i giornaloni non ne parlano

6 Dic 2023 9:58 - di Stefania Campitelli

La notizia è ‘forte’ ma i protagonisti sono potenti ed è stata tenuta in sordina fino all’ultimo. Parliamo della truffa all’Inps per prepensionamenti irregolari del gruppo Gedi che fa capo alla famiglia Agnelli-Elkann. Ieri il gip Andrea Fanelli del tribunale di Roma durante l’udienza in Camera di Consiglio (pubblica) ha rigettato l’istanza di patteggiamento di due imputati eccellenti. Che, invece, era stata approvata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dalla pm Claudia Terracina. Alcuni quotidiani – tra i quali la Verità – avevano anticipato la notizia che i ‘giornaloni’ hanno preferito ignorare. Quasi nessuno della grande stampa ha messo gli occhi sulla maxi truffa dei prepensionamenti fasulli ottenuti con fondi statali e accollati all’Inps. In questo caso parliamo di oltre 100 indagati e di un holding editoriale che fino al 2020 editava quotidiani come Repubblica, la Stampa e il Secolo XIX.

Truffa del gruppo Gedi, il gip rigetta il patteggiamento

Ieri il giocattolo si è rotto e il giudice Fanelli ha ritenuto che la proposta di patteggiamenti dei due indagati (Monica Mondardini, ex amministratore delegato di Gedi, oggi alla guida della Cir di Carlo De Benedetti, e Maurizio Moro, ex capo del personale) e delle cinque società (Gedi Gruppo editoriale Spa, Gedi news network Spa, Gedi printing Spa, A. Manzoni & C. Spa ed Elemedia Spa) fossero troppo ‘mite’ per il reato. La pena concordata con la pm Terracina dalla Mondardini e da Moro era di cinque mesi e dieci giorni di reclusione con pena sospesa.

Il risarcimento di 22mila euro, il danno di 22 milioni

Gli accordi con le società prevedevano il pagamento di 44 quote del valore di 22.000 euro per ciascuna azienda per un totale di 110.000 euro. Il risarcimento del danno in favore dell’Inps per un totale di circa 16 milioni. E l’ulteriore messa a disposizione da parte della società di 1,8 milioni,  come profitto connesso ai reati contestati. Ma il danno certificato all’inizio dell’inchiesta dalla Guardia di finanza è di circa 22 milioni per le pensioni erogate sulla base di documentazione falsa a un’ottantina di dirigenti e impiegati con un gioco di demansionamenti fittizi.

Istanza irricevibile, pene troppo morbide

All’epoca l’ingiusto profitto ottenuto da Gedi era stato valutato in circa 38,9 milioni e non 1,8. Dunque ieri il giudice Fanelli ha ritenuto irricevibili l’istanza di patteggiamento concordata, considerata troppo mite per i due manager rispetto alla gravità dei fatti. Per le società, inoltre, non ricorrerebbero i presupposti per riconoscere la richiesta di attenuante per danno patrimoniale tenue. Le pene proposte sono state considerate “manifestamente sproporzionate per difetto”. Fannelli ha quindi disposto la restituzione degli atti al pm e adesso l’istanza di patteggiamento potrà essere riproposta solo a condizioni diverse. La Procura di Roma sta valutando la citazione diretta a giudizio per tutti gli indagati per i quali non è stata chiesta l’archiviazione. Che finirebbero in dibattimento saltando l’udienza preliminare.

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