Omicidio dell’ex vigilessa Laura Ziliani: ergastolo per le due figlie e per il complice Mirto Milani
Massimo della pena per le sorelle Paola e Silvia Zani e Mirto Milani, fidanzato della prima e amante della seconda, per l’omicidio della madre Laura Ziliani: l’ ex vigilessa, uccisa tra il 7 e l’8 maggio 2021 nella sua casa a Temù: avvelenata e strangolata, poi sepolta sull’argine dell’Oglio che la restituì dopo la piena tre mesi dopo. Uno strazio, un orrore. I giudici della corte d’assise (presidente Roberto Spanò), nel pomeriggio del 7 dicembre, hanno accolto la ricostruzione del sostituto procuratore Caty Bressanelli che a settembre 2022 aveva chiesto l’ergastolo per omicidio premeditato e occultamento del corpo della vittima.
Omicidio Laura Ziliani: ergastolo per il “trio criminale”
È stata dunque accolta la richiesta del pubblico ministero Cary Bressanelli, secondo cui non potevano essere fatte differenze sulle responsabilità dei tre componenti di quello che è stato ribattezzato “il trio criminale”. Per l’accusa i tre avevano già cercato di uccidere Laura Ziliani, avvelenando una tisana, il 16 aprile del 2021. Ma non ci erano riusciti. E tre settimane dopo hanno portato a termine il loro piano criminale. La loro confessione per la pm è stata tardiva, quando ormai le indagini erano chiuse.
Omicidio Ziliani: la confessione atroce di Paola e Silvia Zani
Laura Ziliani era stata stordita con benzodiazepine, poi soffocata e infine sepolta vicino al fiume del paese dell’alta Valle Camonica, dove è stata ritrovata l’8 agosto 2021. Ricordiamo le parole atroci delle figlie quando confessarono. Una volta resa inerme dagli ansiolitici, «le abbiamo messo un sacchetto in testa e abbiamo provato a strangolarla con una fettuccia in velcro». La sete d’aria ha provocato le convulsioni, si agitava, Laura. Non moriva. «E allora l’abbiamo strozzata con le mani».
“La premeditazione del piano”
Nel corso delle repliche e controrepliche delle parti, prima che la Corte d’assise si ritirasse in Camera di consiglio, l’avvocato di parte civile Piergiorgio Vittorini (che difende la terza sorella Zani, affetta da disabilità) aveva puntato il suo intervento sulla presunta certezza della premeditazione «di un piano omicidiario; poi perfettamente eseguito di intesa fra tutti e tre»; sulla «equiparazione» delle rispettive responsabilità dei tre indagati; e sulla non concessione di alcuna attenuante nei loro confronti. Le difese, a loro volta, hanno nuovamente cercato di spostare questo asse a favore dei rispettivi assistiti, al fine di ottenere le attenuanti. E’ stato inutile. Dopo tre ore e mezzo di camera di consiglio è arrivata la sentenza. Ergastolo per tutti.