Chiama Mulè “signora presidente”: la dem Guerra alle comiche finali. Battibecco alla Camera (video)

29 Dic 2023 17:54 - di Angelica Orlandi
Mulè Guerra signora presidente

La farsa durante il dibattito – serio- sulla manovra poteva avere solo il sigillo del Pd. Botta e risposta alla Camera tra la dem Cecilia Guerra e Giorgio Mulè di Forza Italia che presiedeva l’Aula durante l’intervento su un emendamento alla manovra. “Grazie, signora presidente”, ha detto Cecilia Guerra, rivolgendosi al presidente di turno, Mulè. Il quale, prima fa una smorfia di perplessità, poi non gradisce  l’appellativo volto a ridicolizzare tutto il contesto del dibattito. “Onorevole Guerra, avrei qualcosa da dire. Non può rivolgersi a me come signora, la mia identità quella è”. La manovra sta per essere approvata dopo un intenso lavoro ma la questione di genere maschile- femminile con cui appellare le/i parlamentari per la Guerra e il Pd è la prioprità. Così ha messo in scena una “boldrinata”.

Sceneggiata Pd: Cecilia Guerra chiama Giorgio Mulè “Signora presidente”

Guerra non si è placata dopo la risposta ferma di Mulè e ha proseguito con uno “spiegone”. Riperticando il fatto che spesso molti politici si rivolgono a colleghe donna chiamandole al maschile: “In quest’aula – spiega la dem-  l’onorevole Marco Perissa ha parlato della segretaria del mio partito (Elly Schlein, ndr) chiamandola al maschile, segretario: ritenendo che questa era una scelta che a lui competeva – ha continuato Guerra -. Se a lui compete rivolgersi a una donna con un appellativo maschile, a me è concesso rivolgermi a lei con un appellativo femminile. Se lei ci tiene al suo genere, io tengo al mio. Basta rivolgersi a noi donne con appellativi maschili”. Grande priorità della sinistra.

La dem Guerra fa una “boldrinata”

La Guerra si è presa l’applauso dei suoi e delle oppopsizioni come se avesse posto rimedio a chissà quale iniquità, a chissà quale sopruso. La declinazioni dei generi è una costante della sinistra tutta forma e niente sostanza. Ma prefigurare una sceneggiata come questa durante il rush finale dell’approvazione della legge di Bilancio è davvero surreale. Ricordiamo che la questione di genere era stata posta da 76 donne parlamentari che avevano scritto al presidente Ignazio La Russa. Per chiedere che il titolo di senatore fosse declinato in base al genere. “Non è una questione solamente formale, perché la lingua che usiamo veicola non solo significati ma anche valori e giudizi culturali che spesso possono rafforzare gli stereotipi”, aveva lamentato la promotrice dell’istanza, Aurora Floridia di Avs. Ora il botta e risposta alla Camera – durante una seduta nella quale si parlava di ben altro- fa cadere le braccia.

Lo strascico di fine seduta: nello statuto del Pd si parla di “segretario”

In chiusura di seduta Perissa di FdI ha citato lo statuto del Partito Democratico, evidenziando come nel testo del documento si faccia riferimento al segretario solo al maschile (l’indicazione al femminile c’è in effetti solo nell’intestazione di un articolo). Perissa si è dunque rivolto ai colleghi del Partito Democratico in modo provocatorio: «Facessero pace con loro stessi. Quando troveranno una quadra e metteranno una desinenza di genere sul loro statuto, probabilmente noi ci adegueremo alle indicazioni che loro ci daranno».

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