Il Pd chiama in soccorso gli intellettuali organici. “Facciamo la crociata contro Sangiuliano e Pino Insegno…”

7 Nov 2023 16:28 - di Riccardo Angelini
Pd intellettuali

Il Pd chiama a raccolta gli intellettuali organici. Auspica la remontada contro le nomine di Sangiuliano.  Sandro Ruotolo (responsabile cultura del partito) tuonava ieri sera all’incontro “Senza cultura non c’è futuro”  contro la destra che sta sfilando dalle terga democratiche poltroncine che troppo a lungo sono state da loro occupate e che ritenevano di propria spettanza per legittima eredità. Infatti, giudicano che nelle loro vene scorra il sangue blu della “qualità democratica”. Un assalto da destra, dicono. Ma quando mai. Nella Rai che sarebbe accerchiata dai sovranisti abbiamo Report che fa puntate contro Berlusconi e Lucarelli che ancora alza le palette a Ballando. Tra l’altro, anche gli ascolti di quei programmi non sono il massimo. Quindi, dove sarebbe l’assedio? I capitani di ventura che intendono espugnare la roccaforte Rai sarebbero Nunzia Di Girolamo e Pino Insegno?

Non è una tesi credibile. Soprattutto quando accusano la destra di voler proporre una contro-egemonia. Quando si tratta solo di dare un po’ di respiro a stanze viziate dal conformismo progressista. Elly Schlein in ogni caso ieri sera si è immersa nell’elemento che più le aggrada. Il caos dialettico non esportabile tra la classe operaia. Trapuntato di quella spocchia di cui è stato illustre portavoce  Nicola Lagioia quando ha detto: “Si fa un gran parlare di egemonia culturale, ma possiamo star tranquilli. Per quanto il ministro si possa adoperare non è per decreto che si può trasformare Giulio Base in un regista più importante di Marco Bellocchio o Marcello Veneziani in Carlo Ginzburg”. Giulio Base, per chi non ne fosse a conoscenza, è il nuovo direttore di Torino Film Festival. Ma la stoccata di Lagioia era soprattutto rassicurante per il pubblico che ha sorriso della sua battuta, sollevato da un cruccio che va avanti da un anno: “La gente ci schifa – si dicono tra loro gli intellettuali organici “de sinistra” – ma siamo e restiamo i migliori”. Se lo dice Lagioia, bisogna pur credergli. E del resto anche per quanto riguarda lui, non basta un premio Strega per farne un Longanesi o un Cattabiani o anche un Roberto Calasso. 

Comunque Elly Schlein era rasserenata. Repubblica la descrive come una reginetta alla festa di un diciottesimo, tutta sorridente accanto al bel mondo ammesso alla sala del trono. Sorrisi di qua, strette di mano di là. I registi, gli scrittori, i pensatori stanno con noi – si sarà detta – e pazienza se i voti invece se ne vanno. “Va ad abbracciare la sua amica Chiara Valerio, parlotta con Marino Sinibaldi, fa un cenno di saluto a Francesco Rutelli, non si perde una parola di Bebo Guidetti de Lo Stato Sociale”. Costui, Bebo, è un’anima inquieta. Uno che intervistato da Open così si esprimeva: “Il mio grosso problema non è tanto con i miei padri: il mio problema è con i miei fratelli maggiori. Io odio Salvini, che potrebbe essere un mio fratello maggiore, così come Renzi, così come la classe politica delle Maria Elena Boschi del caso, senza risparmiare neanche una certa sinistra in continua scissione. Sono persone che assolutamente non mi rappresentano, e hanno 10 o 15 anni in più di me e sono veramente i miei fratelli e le mie sorelle maggiori, oltre a essere le persone più deleterie che io possa immaginare”. Capite bene che è uno di cui non è il caso di perdersi un ragionamento…

Di Chiara Valerio conosciamo la stringente logica: una che considera fascisti i legami di sangue e parla di uova strapazzate ai funerali. Lei è però metallo prezioso. Dietro c’è la limatura che la nuova creatività culturale targata Pd dovrebbe amalgamare nel famoso “progetto” da cui ripartire. Ci sono cioè i Montanari, i Saviano, i Raimo, e anche le camicette rosse che si ispirano alle sorelle maggiori Serena Dandini e Sabina Guzzanti. “Meloni non è femminista”, lo ripetono pappagallescamente da mesi e alla fine se ne sono convinte. Tutto molto ben rappresentato dal circo di Propagandalive su la7 (che su X qualcuno ha ribattezzato “la setta” e non è definizione poco azzeccata…). Appena un gradino più sotto troviamo Zerocalcare. E nel sottoscala l’ormai impresentabile chef Rubio.

E poi c’è la faccia triste di Matteo Orfini che chiede di tessere nuovamente il rapporto tra cultura e politica (leggi partito). Orfini sì, quello malinconicamente cacciato dal cimitero acattolico di Testaccio perché era andato sulla tomba di Gramsci incrociando per sua sfortuna un manipolo di militanti cazzuti che gli dissero: “Ma tu qua che c’entri?”.

Insomma di nuovo non c’è nulla. La vera notizia è che l’alterigia dei presunti migliori continua ad essere la forza e al tempo stesso la disgrazia di questa sinistra. Con un piede in piazza e uno nei salotti. La forza, perché trincerandosi dietro questa certezza riescono a sopravvivere al loro declino. La disgrazia, perché è proprio questo complesso di superiorità che li rende così antipatici, distanti, ipocriti.

Nel film La grande bellezza quell’ambientino viene ben fotografato quando il protagonista, Jack Gambardella, demolisce la retorica della scrittrice che dice di avere scritto undici romanzi di impegno civile più la storia ufficiale del partito. E inoltre fa i salti mortali per essere madre e donna perché alla fine della giornata sente di avere fatto qualcosa di utile, di importante. “Questi giudizi sprezzanti tagliati con l’accetta – replica lui – nascondono una certa fragilità, non so se invidiarti o provare una forma di ribrezzo…”. Facciamo la seconda.

 

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