È morta Marina Cicogna, una vita fuori dall’ordinario tra cinema e amori che fecero scandalo
È morta all’età di 89 anni, dopo una lunga malattia, Marina Cicogna, la nobildonna del cinema italiano. Nata a Roma il 29 maggio del 1934, Marina Cicogna Mozzoni Volpi di Misurata era un’attrice, fotografa, sceneggiatrice e, soprattutto, prima donna produttrice in Europa. Il New York Times l’ha definita “una delle donne più potenti del cinema europeo”. “Addio a Marina Cicogna, icona di stile e grande produttrice, che ha segnato indelebilmente la storia della industria cinematografica italiana”, ha scritto su X il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
Da Florinda Bolkan ad Alain Delon: una vita sentimentale fuori dagli schemi
Marina Cicogna si è spenta nella sua casa di Roma, assistita da Benedetta Gardona, sua compagna da oltre trent’anni, che lei aveva adottato. Aristocratica chic e ribelle, icona di stile e paladina dell’anticonformismo sul grande schermo e nel mondo del jet-set, Cicogna è ricordata oltre che per i suoi successi professionali anche per essere stata, secondo le cronache rosa, la prima donna in Italia ad amare pubblicamente un’altra donna: visse per vent’anni con l’attrice Florinda Bolkan. Ma fra i suoi amori si annoverano anche Alain Delon e Warren Beatty.
Il “folle amore” per il cinema, ereditato dal nonno che fondò la Mostra del Cinema di Venezia
“Il cinema è nella mia vita da sempre, è stato il folle amore della mia vita”, amava ripetere “la contessa di Cinecittà”, il cui nonno era il conte Giuseppe Volpi di Misurata, che fu presidente della Biennale di Venezia e fondatore della Mostra del Cinema, nel 1932, oltre che governatore della Tripolitania, ministro delle Finanze e presidente di Confindustria, e dal quale prende il nome la Coppa Volpi.
La prima donna produttrice in Europa
Con la Euro International Films, acquistata dalla sua famiglia e controllata con il fratello Bino (morto suicida nel 1971), Marina Cicogna ebbe il compito di scegliere i film da distribuire in Italia. Dopo i grandi successi di “L’uomo del banco dei pegni” (1964) di Sydney Lumet e “Bella di giorno” (1967) di Luis Buñuel, decise di produrre il suo primo film, “Metti, una sera a cena” di Giuseppe Patroni Griffi. La lista dei grandi film da lei prodotti è lunga e di grande successo, da “Teorema” a “Medea” di Pier Paolo Pasolini, a “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, Oscar come migliore film straniero nel 1971 e Premio speciale della giuria al Festival di Cannes nello stesso anno. E, ancora, “La classe operaia va in paradiso” di Elio Petri, “Uomini contro” di Francesco Rosi, “Mimì metallurgico ferito nell’onore” e “Film d’amore e d’anarchia” di Lina Wertmuller, “Fratello sole, sorella luna” di Franco Zeffirelli, “C’era una volta il West” di Sergio Leone.
L’attitudine di Marina Cicogna per i nuovi talenti
“Per me sarebbe stato facile fare un film di grande budget con Federico Fellini o con Luchino Visconti, li conoscevo bene, ma non mi interessava, preferivo vedere e inventare talenti meno noti”, disse in un’intervista dedicata alla sua carriera di ex produttrice, conclusa con i film “Lo chiameremo Andrea” (1972) e “Una breve vacanza” (1973), entrambi diretti da Vittorio De Sica, a causa delle difficoltà finanziarie della sua società dopo la tragica morte del fratello. A maggio di quest’anno era stata insignita del David di Donatello alla carriera.
L’ultima intervista e la risposta sulla morte: “Ci pensi tutto il tempo, e ti chiedi come affrontarlo. Non ho una risposta”
Per qualche anno visse tra Los Angeles e New York, poi in Brasile, quindi nuovo a New York e infine il ritorno nella sua amata Roma. Della sua vita sentimentale fuori dagli schemi diceva che “ho vissuto semplicemente come volevo vivere. Ma a casa mia. Ho rispetto per gli altri. Non si dovrebbe spiare cosa succede in camera da letto. Non mi piacciono le ghettizzazioni, ma neanche gli esibizionismi. Allo stesso modo non bisogna avere paure”. L’ultima sua intervista giovedì 2 novembre sul Corriere della Sera, nella quale Valerio Cappelli le ha chiesto anche se pensasse mai alla morte. “È un argomento che quando lo vivi addosso devi inquadrarlo. Ci pensi tutto il tempo, e ti chiedi come affrontarlo. Non ho una risposta”.