9 novembre 1989, Rampelli: “È crollato il muro di cemento, ora picconiamo quello di gomma”
Il Muro di Berlino, 34 anni dopo il crollo e la fine della dittatura comunista sovietica. Da allora nulla è stato più come prima. In un lungo post sui social Fabio Rampelli ricorda quella stagione, l’effervescenza e l’entusiasmo dovuti a quello schianto. Ma anche la svolta post-ideologica e la furia globalista.
“Trentaquattro anni fa assistevamo al crollo del Muro di Berlino in una manifestazione in diretta tv mondiale, i cittadini berlinesi picconavano la barriera su cui si infransero le speranze di tanti giovani della Ddr che cercavano la libertà nell’Ovest, presi a fucilate dai Vopos”, scrive il vicepresidente della Camera.
Rampelli: 34 anni dopo il muro della vergogna
Rampelli ricorda l’opera di tanti bravi e semisconosciuti cantautori di destra che “lanciavano meravigliose melodie, piene di rammarico per quelle vite spezzate e di speranza per la nascita di un’Europa libera. Tra questi Michele Di Fiò con la sua Est“. E ancora la manifestazione promossa a Roma dal Fronte della Gioventù dell’epoca “Addio Maledetto Muro”. Allegria, distribuzione di boccali di birra e l’abbattimento simbolico di un gigantesco muro di cartone. “Una gioia incontenibile per l’epilogo della tirannide comunista per cechi, slovacchi, polacchi, ungheresi, rumeni, tedeschi, bulgari. Fu l’inizio di una nuova era – scrive il parlamentare di FdI – ma a quell’impeto represso per mezzo secolo si affiancava il mostro globalista”.
La dittatura comunista il mostro globalista
Chi ha abbattuto dunque il Muro? I popoli esausti dalla repressione o la furia globalista? “Da quel 9 novembre i popoli del vecchio continente hanno conquistato la democrazia politica e questo è stato un grande risultate. Ma non possiamo dire – aggiunge – che esista oggi una simmetrica democrazia economica”. L’elenco delle criticità è lungo: dalla concorrenza sleale alle dinamiche industriali e commerciali “immiserite nel magmatico mondo della finanza apolide”.
La non politica e la furia della finanza apolide
E ancora: “Singole società multinazionali mostrano bilanci più cospicui di quelli di interi Stati. Le diseguaglianze sociali crescono, la ricchezza del mondo è sempre più appannaggio di un manipolo di magnati. L’emigrazione di necessità diventa esodo generalizzato. L’antico sfruttamento dell’uomo sull’uomo, tipico della rivoluzione industriale, è polverizzato da uno sfruttamento sistematico delle categorie più deboli, a iniziare dai bambini africani che rovistano tra le miniere. E da quelli cinesi stipati in capannoni insalubri 15 ore al giorno. Inconsapevoli e disgraziati strumenti per miliardarie fortune. Gli istituti di credito schifano l’economia reale e si rifugiano nei titoli azionari e obbligazionari. Ostacolando sviluppo e crescita”.
Dopo il muro di cemento quello di gomma
A un muro di cemento durato 45 anni si è sostituito un altro muro – conclude Rampelli – un muro di gomma. “Verso il quale destre e sinistre europee dovrebbero scagliarsi per rappresentare e difendere gli interessi dei deboli, popoli in testa. Il muro dunque è venuto giù per metà. E sta a noi mettere in campo il coraggio per fronteggiare il mostro globalista. Muri di cemento e muri di gomma, coloro che si battono ancora per un mondo migliore vi dichiarano guerra. Tornerà il giorno delle picconate e foreranno stavolta anche il caucciù”.