Ue, l’assist di Draghi al governo: «Il vecchio Patto di stabilità non serve più, va cambiato»
Per chi è suonata la campana? Tranquilli: Hemingway non c’entra niente, c’entra piuttosto Mario Draghi che con un lungo articolo apparso ieri sull’Economist ha rotto un silenzio di mesi. Un intervento, quello dell’ex-premier ed ed capo dell’Eurotower, destinato soprattutto ai Palazzi europei ma che, come al solito, il mainstream nostrano non ha esitato a decifrare come una sferzata al governo Meloni. Niente di falso, ovviamente. È vero anzi il contrario. Draghi ha detto che la Ue commetterebbe una colossale sciocchezza se decidesse di ritornare sic et simpliciter alle vecchie regole del Patto di stabilità pre-Covid, esattamente quel che sostiene l’attuale esecutivo. Ha quindi aggiunto che per centrare tale obiettivo l’Unione deve dotarsi di regole fiscali più integrate tra i vari Stati.
Così Draghi in un articolo su The Economist
Il modello cui guarda l’ex-presidente della Bce è quello degli Stati Uniti, dove la struttura federale consente a Biden di allineare «la spesa federale, i cambiamenti normativi e gli incentivi fiscale al perseguimento degli obiettivi nazionali». l’Europa, invece, continua a cullarsi sui tre pilastri che le hanno finora assicurato «sicurezza» (Usa), «esportazioni» (Cina) ed «energia» (Russia). Ma il mondo è cambiato. Washington l’ha capito, Bruxelles no. Infatti mentre l’economia degli Stati Uniti corre, quella della Ue annaspa nel guado tra il vecchio Patto, ormai improponibile, e le nuove regole, tutte da riscrivere. Ed è proprio qui che Draghi auspica una «sovranità più condivisa» a livello Ue, pena – avverte – il fallimento degli obiettivi di transizione verde e digitale sottesi al Next Generatio Eu, il programma di 750 miliardi di euro scattato per fronteggiare le conseguenze della pandemia.
Il “granchio” del mainstream nostrano
Ma è esattamente in quel virgolettato di tre parole che il mainstream nostrano ha intravisto il siluro contro il governo. Purtroppo per i suoi zelanti cultori, l’articolo dell’Economist è fin troppo chiaro nell’analisi e nella conclusione: così com’è la Ue non va da nessuna parte. La sovrapposizione tra Berlino e Bruxelles, anche alla luce della recessione in atto in Germania, non soddisfa più. E anche il vecchio asse franco-tedesco ha ormai fatto il suo tempo. Perché ci sia, la nuova Europa ha bisogno di mettere in cabina di regia anche il suo Sud, con il suo asset più strategico, cioè il Mediterraneo. È quel che ha auspicato Draghi. Soprattutto, è quel per cui si batte il Giorgia Meloni.