Scorsese denuncia la discriminazione dei nativi americani: “Se stiamo zitti siamo colpevoli”
E’ stato il titolo più atteso dell’ultimo Festival di Cannes. ‘Killers Of The Flower Moon’, tratto dall’omonimo romanzo di David Grann, è l’ultimo film di Martin Scorsese in sala da noi dal 19 ottobre. La pellicola, lunga 206 minuti, vanta un grande cast: Robert De Niro, Leonardo DiCaprio, Jesse Plemons. La storia è ambientata negli anni Venti, nelle terre degli Osage. DiCaprio interpreta un reduce di guerra, che si affida a un luciferino De Niro, qui uno zio simile a un padrino. I nativi sono diventati ricchi, perché nei loro territori hanno scoperto il petrolio. Intanto una serie di omicidi sconvolge gli Osage, e l’Fbi non tarda ad arrivare. ‘Killers Of The Flower Moon’ è la fotografia di una nazione sull’orlo del cambiamento, è un’epopea appassionata che condanna l’avidità, sviscera la natura umana e porta sul banco degli imputati chi ha deciso di tacere. “Sul massacro dei nativi americani siamo tutti colpevoli”, afferma Scorsese in un’intervista a Cinematografo.it nella quale spiega anche il motivo per il quale propone un film così lungo.
“Viviamo in un’epoca particolare, scelgo di fare film lunghi per un motivo preciso: il pubblico è ormai abituato alle serie, al binge watching. Ci si chiude in casa e si passano ore a guardare decine di episodi uno dietro l’altro. Quindi perché non farlo al cinema? La mia è una sfida. Cinque ore seduti sul divano non hanno lo stesso valore di 200 minuti in sala? Questa è la mia provocazione. Dobbiamo recuperare la capacità di analisi, di avere una visione attiva delle cose. L’esperienza deve essere genuina e non viziata dall’ambiente circostante. Uscite, sedetevi su poltrone comode, e godetevi l’esperienza su uno schermo grande, con le luci spente”.
Lavorare con Netflix e adesso con Apple, per Scorsese, è “un percorso necessario. E mi garantiscono comunque un’uscita in sala. Bisogna camminare su sentieri diversi per raggiungere il risultato, riportando così la gente al cinema. Senza dimenticare anche i social, tanto cari a mia figlia, che non smettono mai di inondarci di immagini. È sempre una questione di linguaggio, con la consapevolezza che il futuro sono i giovani. La chiave è capire che cosa vogliamo trasmettere, in un tempo anche molto dilatato, con famiglie che magari fanno fatica a pagare il biglietto. La loro attenzione e i loro sforzi economici dobbiamo meritarceli. È un rituale, che passa attraverso l’illusione e la magia”.
Colpa e redenzione sono temi cardine del cinema di Scorsese ma in questo film ci sono “uomini che le rifiutano. Non vogliono assumersi le loro responsabilità. Si tratta di un viaggio nei nostri sentimenti più profondi. Si chiudono gli occhi invece di inseguire la verità, si rinnegano i massacri del passato, come la Prima Guerra Mondiale, per riscrivere il presente”.