Open Arms, De Falco inchioda Conte: “Era d’accordo con Salvini”. Scalda i muscoli Richard Gere

15 Set 2023 12:51 - di Elsa Corsini

Nuova udienza nell’aula bunker di Palermo del processo Open Arms, che vede indagato l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini per sequestro di persona. Il vicepremier è arrivato nel capoluogo siciliano accompagnato dalla sua legale, Giulia Bongiorno e non si è fermato con i giornalisti. Ad accoglierlo uno striscione con la scritta: “Unico a fermare i clandestini, giù le mani da Salvini’.

Open Arms, la deposizione di De Falco

Riflettori puntati su Gregorio De Falco, ex senatore 5Stelle oggi tornato a fare il comandante delle Capitanerie di porto. Nella sua lunga deposizione ha ribadito che tutto il governo all’epoca dei fatti (agosto 2019) era d’accordo con la linea dura dei porti chiusi del leader leghista. “Il M5s non voleva essere lasciato indietro in questo atteggiamento rigoroso sui migranti, che dava tanto consenso. E Conte seguiva Salvini nella politica sui migranti“, dice in aula De Falco.

L’ex ministra Trenta era l’unica contraria

E ancora: “La ministra della Difesa Elisabetta Trenta nell’agosto del 2019 mi disse ‘sono l’unica che si è opposta ai decreti di interdizioni alla navigazione e mi stanno massacrando, sono isolata nel Movimento’…”. Così l’ex senatore grillino al processo Open Arms. teste nel processo che vede imputato Salvini per sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio.

La Guardia costiera libica è piena di delinquenti

Poi l’accusa pesante di contatti tra la Guardia costiera libica  (“costituita da delinquenti”, dice) e il governo italiano. Un’accusa respinta dall’avvocato Bongiorno. “È gravissimo quello che sta dicendo”, ha replicato. “Che vi fosse un rapporto tra Italia e Libai e, quindi, un riconoscimento della struttura di soccorso è nei fatti – insiste De Falco –  ed è da tanti anni che è così. Perché il paese si serve della Guardia costiera libica. E non abbiamo voglia di controllare le nostre frontiere in mare e lo abbiamo delegato alla Guardia costiera libica”.

Chiesi di non firmare il decreto di interdizione

L’ex senatore e comandante delle capitanerie di porto prosegue il suo racconto. “Nell’agosto del 2019 il governo era quello ‘gialloverde’, composto dalla Lega e dal M5S. Io ero stato nel M5S fino all’espulsione per dissensi sulla linea del partito. Però avevo mantenuto rapporti con alcuni di loro. In quella circostanza,  dopo l’intervento del Tar Lazio che aveva sospeso l’interdizione alla navigazione della nave, scrissi un messaggio all’ex ministra della Difesa Trenta. Le chiesi di non firmare un ulteriore decreto che si profilava all’orizzonte. E che fonti di stampa davano già per diramato dal ministro Matteo Salvini. Le chiesi di non firmare, perché avrebbe costituito un aggiramento del provvedimento giudiziario. La ministra Trenta mi disse che anche l’allora ministro Toninelli non avrebbe voluto firmare quel decreto…”.

Alla prossima udienza anche Richard Gere

Parola destinate a scatenare una nuova bufera. Intanto è stata confermata la presenza di Richard Gere alla prossima udienza prevista per il 6 ottobre. A chiedere la deposizione del popolare attore è stato all’inizio del processo il legale di parte civile della Open Arms. Il 9 agosto del 2019, infatti, Gere, testimonial dell’accoglienza senza se e senza ma, era salito a bordo della nave della ong spagnola.

Il videomessaggio dell’attore a bordo della nave

“Abbiamo portato tutta l’acqua e il cibo possibile”, aveva detto in un videomessaggio, bermuda, e sorriso da star. “Stanno tutti bene, prima erano su due barche nel mezzo del mare. Una delle due è tornata indietro, presa dalla Guardia costiera libica. Le persone che vedete a bordo sono qui solo grazie alle donazioni fatte a Open Arms. E ora la cosa più importante per loro è arrivare in un porto libero/sicuro, scendere dalla barca e iniziare una nuova vita”.

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