La versione di Giorgia, il nuovo libro della Meloni con Sallusti: “Voglio ridare orgoglio agli italiani”

12 Set 2023 7:56 - di Redazione

Estratto dal capitolo “Il filo della verità” de La versione di Giorgia, il libro-intervista di Alessandro Sallusti a Giorgia Meloni.

Permettimi di iniziare da quella che dovrebbe essere la domanda finale di questa lunga chiacchierata. Qual è il tuo obiettivo?

Il più grande, o meglio quello dal quale dipendono tutti gli altri, è restituire agli italiani l’orgoglio di essere tali. Dare loro uno Stato degno del suo grande popolo, nel quale identificarsi. Un’impresa che oggi sembra impossibile.

In che senso è l’obiettivo dal quale dipendono tutti gli altri?

Nel senso che questa nazione nessuno può salvarla da solo, si può salvare solamente se ci crediamo tutti insieme. Se ognuno di noi, in qualsiasi ambito operi, a un certo punto decide che vale la pena di fare quello che fa con un occhio a cosa sia meglio non solo per se stesso e per le persone che ama, ma per la nazione nel suo complesso. Recuperare quel senso di comunità senza il quale sarà impossibile esprimere al meglio le nostre potenzialità. E per fare questo è necessario in primo luogo restituire credibilità alle istituzioni. La gente deve potersi fidare, perché se non ti fidi di chi deve rappresentarti, finisci per non rispettare neanche i suoi simboli e, alla fine, per non rispettare la tua appartenenza, cioè te stesso. Semplificando: puoi fare leggi ottime, ma se lo Stato viene percepito come un nemico ci sarà sempre qualcuno che le aggirerà. Puoi crescere persone capaci, ma se lo Stato non valorizza quelle capacità, scapperanno all’estero, o finiranno per credere che la strada più efficace non sia il sacrificio dello studio, della competenza, del valore, ma la scorciatoia delle amicizie giuste, o dei modelli vacui, quelli da «minimo sforzo massimo risultato». Per come la vedo io, non esistono massimi risultati senza massimi sforzi, per aspera ad astra dicevano i latini, ma in Italia non possiamo nasconderci che non è così. Sogno un’Italia nella quale i profili social con maggiori like non siano quelli degli influencer che mettono in piazza la loro vita patinata fatta di barche e abiti lussuosi, comprati con i soldi fatti mostrando altre barche e altri abiti, ma quelli dei ricercatori che fanno svoltare l’umanità, dei soldati che rischiano la vita per costruire la pace, dei medici che compiono veri e propri miracoli, di chi venendo dal niente ha fatto la storia con passione e sacrificio. E sogno che domani quando si domanderà a un giovane cosa voglia fare da grande, lui risponda: «Non mi do limiti, ma in ogni caso voglio fare qualcosa che sia utile anche per la mia nazione».

Illusa, sognatrice…

Illusa lo vedremo, sognatrice certamente. Del resto Io sono la prova vivente che la volontà può portarti a fare cose che non avevi previsto. Tu avresti scommesso che un giorno saresti venuto a parlare con me, una quarantaseienne donna di destra venuta da un quartiere popolare, osteggiata con ogni mezzo dal sistema costituito, in questo ufficio al primo piano di Palazzo Chigi? Guardati intorno. Dal 1961 questa è la sede del governo italiano e qui hanno lavorato persone come Aldo Moro, Giulio Andreotti, Francesco Cossiga, Giovanni Spadolini, Bettino Craxi, Carlo Azeglio Ciampi, Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Mario Monti e Mario Draghi, tanto per citare alcuni nomi che – nel bene e nel male – hanno fatto la storia dell’Italia. Insomma qualcuno ha mai seriamente preso in considerazione che potesse accadere quello che poi è accaduto? E che potessi sedere io alla scrivania di quest’ufficio?

Onestamente no. C’è chi ti ha paragonata a Cenerentola.

Le fiabe non sono la vita reale. Non ci sono le fate che ti fanno diventare bella con la bacchetta magica né i principi che ti svegliano dal sonno con un bacio. Nella vita reale sei tu che devi tirarti fuori dalla condizione nella quale ti trovi. Ed è quello che io ho sempre creduto di dover fare. Con la stessa determinazione con la quale oggi intendo fare quello che ho promesso agli italiani. E lo devo loro, perché sono loro che lo hanno fatto accadere, non io. Vedi, quando sono diventata presidente del Consiglio mi ha colpito non che in molti fossero contenti, ma che in troppi si commuovessero. «Ma perché piangete tutti?» mi è capitato di dire, con un misto di sorpresa e di imbarazzo. Ci ho anche scherzato: «Oh, neanche ho cominciato e già iniziate a piangere?». Ma poi ho capito. Perché la mia è una storia che rompe i tabù della nazione bloccata, della vita delle persone decisa a tavolino, dei troppi traguardi che pensiamo ci siano preclusi, delle occasioni che siamo certi non avremo mai. Non è stato solo il fatto politico del ritorno del centrodestra al governo, e di un governo espressione diretta del voto popolare dopo un decennio di giochi di potere e governi decisi nel palazzo. C’era altro, in quella commozione. L’ho capito quando una persona molto autorevole, seduta proprio qui nelle prime ore del mio mandato, ha motivato i suoi occhi lucidi dicendo: «Giorgia, questa cosa non poteva succedere». È vero, può sembrare una favola, ma non lo è. È determinazione e sacrificio. Studio, disciplina, e ovviamente un pizzico di fortuna, ammesso che si possa dire fortunato qualcuno che si ritrova a governare l’Italia in questa congiuntura. Ma sapere che quella che ci sembra una favola, o una cosa impossibile, è in realtà alla nostra portata può cambiare completamente la mentalità della gente. Troppe volte ho sentito dire da chi non aveva quello che avrebbe voluto che era «colpa dello Stato, colpa della politica, colpa delle condizioni di partenza». Certo che anche questo influisce, ed è quello di cui ora devo occuparmi io, ma siamo sicuri che sia solo questo? Voglio dire, sicuri di aver fatto tutto quello che era possibile per raggiungere gli obiettivi che vi eravate dati? Per come la vedo io, e per la mia esperienza personale, io sono certa che il nostro destino dipenda soprattutto da quello che noi siamo disposti a fare, da quanto siamo disposti a lavorare, da quanto siamo disposti a sacrificare. Il destino siamo soprattutto noi. E se riesco a far passare questo messaggio, e nello stesso tempo a garantire le condizioni necessarie perché ognuno abbia in partenza le stesse condizioni per giocarsela, noi possiamo cambiare tutto.

dall’ufficio stampa della Rizzoli

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