La sardina Santori nei guai per l’attacco al pesto. Il Comune di Genova: o ritratta o ci paga i danni

15 Set 2023 17:39 - di Lisa Turri

La provocazione di Mattia Santori col vasetto di pesto al consiglio comunale di Bologna non è piaciuta. Non solo non è stata capita, ma potrebbe anche rivelarsi un danno per l’esponente del movimento ittico. A Genova infatti non l’hanno presa bene e, come racconta Il Secolo XIX, Paola Bordilli, assessore al commercio del Comune di Genova annuncia: «Invito il consigliere comunale del Pd Santori a rimangiarsi quanto detto pubblicamente e a chiedere scusa. In caso contrario, siamo pronti a chiedere il danno d’immagine».

Ma che ha combinato Santori? Nella sua ossessione di legalizzare la cannabis l’ha paragonata al pesto dicendo che entrambi possono avere effetti nocivi sulla salute. Un attacco a un’eccellenza culinaria italiana che segue lo strambo invito ai bolognesi a consumare cannabis in piazza contro il decreto governativo che ha inserito il cannabidiolo nella lista delle sostanze stupefacenti.

Santori si è presentato con due vasetti. “Questo è un vasetto di pesto di una nota marca italiana e questo è un vasetto di infiorescenze di Cbd di una nota marca italiana. Entrambe le aziende che producono questi vasetti possiedono la partita Iva, pagano le tasse e i dipendenti, rischiano capitale proprio”.  “Entrambi – ha proseguito – sono legali e sono Made in Italy”.

“Entrambi i prodotti contengono rischi per la salute – ha aggiunto – il pesto può contenere tracce di frutta con guscio, che per le persone allergiche può essere mortale, come gli zuccheri per le persone diabetiche. Ma possono avere benefici per la salute: il pesto perché fa parte di una dieta equilibrata e il Cbd per suoi riconosciuti effetti analgesici, antinfiammatori e antiepilettici”.

Santori non si dà per vinto e insiste. «Ho deciso di rispondere – spiega – perché non sono più disposto a tollerare queste angherie». «C’è una strategia molto ben oliata che mi ha fatto dire quello che non ho mai detto. È assurdo che in Italia non possiamo paragonare un prodotto legale a un altro prodotto legale perché diventa terreno di scontro politico».

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