Arriva lo stop alla vendita di souvenir di mafia sui traghetti dello Stretto: ledono l’immagine della Sicilia

5 Set 2023 15:26 - di Lara Rastellino
souvenir di mafia

Dopo la battaglia davanti al Tribunale spagnolo, vinta dall’Italia che ha ottenuto che la catena spagnola di ristoranti in franchising La Mafia se sienta a la mesa (in italiano, La Mafia si siede a tavola) non potesse più utilizzare il suo marchio contenente la parola “Mafia”, ora tocca ai souvenir legati a boss e cosche che ledono l’immagine della Sicilia. Così, proprio oggi, grazie a un intervento dell’assessore regionale alle Infrastrutture e alla mobilità, Alessandro Aricò – deputato di Fratelli d’Italia all’Assemblea Regionale Siciliana – è arrivato lo stop al commercio di gadget che richiamano Cosa nostra sulle imbarcazioni dello Stretto.

Arriva il divieto di vendita sui traghetti gestiti dalla Regione di vendere souvenir che richiamano la mafia

Dunque, il divieto di vendere sui traghetti che collegano Messina e Villa San Giovanni una tipologia di prodotti che stigmatizzano un fenomeno che mortifica un Paese intero e penalizza una regione nell’immaginario internazionale ormai identificata col fenomeno mafioso, è un gesto importante. Un provvedimento che, ampliando ricaduta e risvolti ben oltre i confini geografici e l’ambito puramente amministrativo, acquisisce un potente valore simbolico. Un primo passo, certo, perché oltre questo non è possibile proseguire. Come spiega infatti una verifica fatta dal dipartimento delle Attività produttive, all’interno dell’assessorato guidato da Edy Tamajo (FI) – che ha a sua volta commentato positivamente l’iniziativa dell’assessore Aricò – non si può emanare un provvedimento generale per tutti i negozi dell’Isola.

L’iniziativa dell’assessore di FdI, Alessandro Aricò

Così, esprimendo viva soddisfazione per il divieto varato per i traghetti, asserendo: «Non posso che essere d’accordo con l’iniziativa del collega di giunta», l’assessore alle Attività produttive della Regione Siciliana Tamajo ha prima aggiunto: «Questi gadget riportano immagini e scritte lesive della dignità dei siciliani onesti e laboriosi. Non si può accettare l’idea di rappresentare una parodia grottesca e di basso profilo dell’Isola per attrarre i turisti. E consegnando un’immagine fortemente negativa che allude palesemente alla violenza e alla criminalità. Dopo stragi, vittime e impegno per isolare la cultura mafiosa, è triste constatare che la stessa e i suoi simboli possano diventare protagonisti, sia pure ironicamente, di vari souvenir».

I souvenir di mafia ledono l’immagine della Regione

Quindi ha rivolto un appello a tutti i commercianti siciliani «perché evitino di vendere una tipologia di prodotti che oltre a essere offensiva, è irrispettosa e mortificante nei confronti della Sicilia intera. È un gesto importante per affermare la totale estraneità a qualunque versione dell’apologia del fenomeno mafioso e offrire la giusta immagine dell’Isola». Il marchio mafioso, rivenduto come fosse un brand folkloristico da associare alla cucina regionale o alle tradizioni tipiche del posto, stigmatizzando l’immagine di una Regione tutta scacciapensieri, pasta con le sarde e boss a tavola, è diventata un’abitudine grottesca e insidiosa che non può più essere avallata. Ora, almeno in una frazione della terra siciliana, il business di souvenir e gadget che rilanciano la mafia come fosse un marchio alla moda, dovrà cambiare stile e soggetto.

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