Gli “Stati generali” dell’intelligenza artificiale: una proposta per governare la rivoluzione tecnologica

29 Ago 2023 12:36 - di Mario Bozzi Sentieri
Intelligenza artificiale

“Una nuova era informatica è iniziata” – ha dichiarato Jensen Huang, amministratore delegato e tra i fondatori, nel 1993, di Nvidia, a suggello del recente boom borsistico (e non solo) del colosso americano, leader assoluto nel settore della produzione dei chip super avanzati e potenti, essenziali per l’intelligenza artificiale (IA). Dal gennaio 2020 Nvidia ha realizzato in Borsa un guadagno del 650% (+230% da inizio dell’anno), con previsioni  di ricavi nel terzo trimestre 2023 di 16 miliardi  di dollari. E’  la “fotografia” di una Rivoluzione in corso, con cui stiamo facendo i conti e sempre di più dovremo confrontarci su vari livelli (aziende, territori, Sistema Paese, Unione Europea) a partire dalle trasformazioni produttive e quindi occupazionali che l’applicazione dell’IA rende evidenti.

Come ha rilevato il recente rapporto di Confartigianato che analizza il grado di esposizione all’IA del nostro mercato del lavoro sono 8,4 milioni i lavoratori italiani a rischio per effetto della diffusione dell’intelligenza artificiale. Ne emerge che il 36,2% del totale degli occupati subirà l’impatto delle profonde trasformazioni tecnologiche e dei processi di automazione. Una percentuale, quella italiana, inferiore di 3,2 punti rispetto al 39,5% della media europea di lavoratori maggiormente esposti all’IA. Stanno peggio di noi Germania e Francia rispettivamente al 43% e al 41,4% di lavoratori in bilico e il Lussemburgo con addirittura il 59,4%, seguito da Belgio al 48,8% e Svezia al 48%.

IA, le professioni più esposte

Le professioni più esposte sono quelle maggiormente qualificate e a contenuto intellettuale e amministrativo, a cominciare dai tecnici dell’informazione e della comunicazione; dirigenti amministrativi e commerciali, specialisti delle scienze commerciali e dell’amministrazione; specialisti in scienze e ingegneria, dirigenti della pubblica amministrazione. Tra le attività lavorative a minor rischio vi sono quelle con una componente manuale non standardizzata. Secondo la rilevazione di Confartigianato, l’espansione dell’intelligenza artificiale insidia il 25,4% dei lavoratori in ingresso nelle imprese nel 2022, pari a 1,3 milioni di persone. Per le piccole imprese fino a  49 addetti la quota è del 22,2%, pari a 729.000 persone.

L’IA è un mezzo, non un fine

Mentre il cambiamento appare inevitabile, ugualmente rilevante appare la creazione di nuove figure professionali, destinate a sostituire/implementare quelle esistenti. Qui si gioca la partita del cambiamento tecnologico e dell’avanzante utilizzo dell’IA. Alla base la consapevolezza che l’intelligenza artificiale è un mezzo non è un fine. Come tale va vista e declinata, in ragione delle opportunità che essa viene a creare per le imprese, che sapranno sfruttarle per ottimizzare le proprie attività, e per i lavoratori, i quali dovranno essere le menti e le braccia consapevoli della trasformazione in atto.

La sfida

La sfida, insieme a quella tecnologica ed applicativa, passa dunque attraverso la capacità di gestire i processi in corsi. A partire certamente dai requisiti etici, che l’Unione Europea ha fissato nella supervisione umana, nella sicurezza e affidabilità degli algoritmi (contro possibili operazioni illecite), nella protezione dei dati personali, nella tracciabilità dei sistemi, nella corretta accessibilità alle procedure, nella tutela del benessere sociale e ambientale, nella difesa dei diritti fondamentali.

Governare la rivoluzione tecnologica

Insieme ai “requisiti etici” c’è la necessità di adeguamento – a vasto raggio –  dei diversi sistemi produttivi nazionali. Qui si gioca la partita della concertazione e della programmazione del nostro Sistema-Paese. Il tema è “di valore”, di metodo, di strategia. E mette in primo piano la capacità di coniugare i diversi e complessi fattori che innervano il cambiamento tecnologico. Centri di ricerca, Università, aziende produttrici, istituti bancari, Formazione, forze sociali e politiche, rappresentanti dei territori: rispetto a questo “quadro” è necessario articolare una regia di Sistema in grado di rispondere alle domande/opportunità offerte dalla Rivoluzione tecnologica di ultima generazione, con lo sguardo rivolto al futuro. Magari attraverso la convocazione di una sorta di “Stati Generali” dell’intelligenza artificiale in grado di fissare priorità d’intervento, strategie d’azione, scadenze operative. Tra queste i rapporti tra mondo produttivo e sistema scolastico, la “riconversione” formativa dei lavoratori, l’integrazione tra creatività e competenze, il miglioramento dei processi produttivi, l’innalzamento delle tutele per i lavoratori coinvolti, l’integrazione con i territori.

La destra se ne faccia promotrice

In questa risposta ai processi in atto c’è anche il senso di un’Idea di cambiamento “organica” che – senza timore – va intestata alla destra: una destra sociale, post statalista, meritocratica, capace di porsi come centro propulsore/aggregatore della modernità, consapevole che l’IA non rappresenta una minaccia quanto una promessa per i nostri destini nazionali e per il futuro delle nostre aziende, strumento capace di esaltare e di sintetizzare tipicità ed innovazione. Ben convinti che il futuro abbia un cuore antico.

 

 

              

 

 

 

 

 

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