Porro a tutto campo con l’elmetto. L’Italia in corsa, ma c’è chi rema contro: l’attacco a Cgil e Ue

7 Lug 2023 9:01 - di Redazione
Porro

Dalla «dittatura del climatismo» alle contraddizioni di «sindacati folli», quelli «che non hanno più il polso vero della situazione e magari si siedono nei salotti con ambizioni di ruolo politico», passando per inflazione e strategie della Bce, Nicola Porro intervistato da Francesco Specchia su Libero in edicola oggi, rivisita e commenta il quadro politico-economico di un Paese di cui, dopo tv e giornali, passa in rassegna nemici e prospettive. E di cui analizza al Petruzzelli di Bari lo status quo tra dati numerici, riscontri economici, nemici strutturali e auspici per il futuro. Tutto in una kermesse liberale e liberista: «la Ripartenza23-Liberi di pensare, densa di speranze, analisi e piattaforma programmatiche». Il punto di vista del giornalista è quello del “Paese del fare”. Lo sguardo, quello che punta a incenerire modelli e protocolli di ciò che Tremonti chiama il «terzo livello infernale delle burocrazia». E il primo ostacolo che incontro nella sua carrellata di nomi e norme è quello del dogma del climatismo…

Porro indomito, l’intervista a “Libero” sulla corsa alla ripresa economica

Un tema omnipervasivo, quello della dittatura del climatismo, che nell’intervista a Libero Nicola Porro esamina con lucida veemenza, individuandone contraddizioni in termini e coni d’ombra i cui riflessi brillano alla luce del sole. E spiega: «Ora c’è la dittatura del climatismo: da un lato i vincoli burocratici, il Nimby; e, dall’altro, la sovrabbondanza di norme europee sul clima che rischiano di devastare industria e libertà. Con Massimiliano Lenzi ci faccio una pièce teatrale sulla decrescita felice». Aggiungendo a stretto giro a conferma della sua impostazione che «è una follia pensare di iniziare il taglio dell’emissioni in una zona del mondo, l’Europa, che ne produce solo l’8%. L’ecosostenibilità sta diventando una religione, e Timmermans è il suo profeta».

Il calo della produzione e il ruolo degli industriali

Così, a Specchia che gli fa notare, «non abbiamo forse i parametri occupazionali (61%) in salita e i disoccupazionali in discesa; le agenzie di rating costrette a rivedere a rialzo i giudizi; il Pil che cresce più nell’eurozona, come dice Giorgia Meloni?». Porro risponde e, tra pro e contro, aggiunge: «In economia non si ha la palla di cristallo, ma se fossi nei politici, in mezzo ai parametri in salita che racconti, be’, io mi preoccuperei della produzione industriale in discesa in questi giorni. Abbiamo un turismo fortissimo per i consumi interni, ma in un Paese come il nostro, che è la seconda manifattura d’Europa, se la produzione cala diventa un bel problema. Mettici anche questa stronzata del green della Commissione che dà una botta all’automotive, l’aumento dei tassi d’interesse e tutto il resto; ed è ovvio che poi gli industriali si preoccupino».

La follia dei sindacati, il calo della produzione, l’inflazione che corre veloce

E dagli industriali ai sindacati, l’analisi di Porro corre veloce e infiamma il dibattito su tema già incandescenti. «Ci sono gli industriali che stanno in fabbrica. E quelli che rappresentano quelli che stanno in fabbrica, che non hanno più il polso vero della situazione e magari si siedono nei salotti con ambizioni di ruolo politico. Leggi: Confindustria, per esempio». Mentre, prosegue il giornalista, «il sindacato italiano è folle. La Cgil, con l’appoggio al salario minimo, sta facendo la cosa più antisindacale e più politica legata al Pd che abbia mai prodotto. Probabilmente ci sono fini personali. Meno male che Sbarra, la Cisl, è quello che mantiene una sua razionalità in questa pazzia». Un ordito in cui si intesse la trama del salario minimo in cui i punti, le impostazioni e i termini della contrattazione sindacale vigente rischiano di non arrivare a coprire i buchi.

Inflazione, «l’uso di queste politiche monetarie espansive è come curare un malato con la Vodka»

Tanto che Porro asserisce: «In un paese in cui ci sono 3,5 milioni di dipendenti e solo 800mila fuori dalla contrattazione sindacale, io mi concentrerei su quei contratti. Anche perché il salario minimo è un casino: se è troppo basso è inutile, se è troppo alto rischi di fare nero». E tra pallottoliere e conti, visione e prospettive, il tema dell’inflazione entra prepotentemente nella chiacchierata giornalistica, con Porro che assevera: «Non esiste tassa più ingiusta dell’inflazione: all’8% -10%, in doppia cifra, è un’imposta tanto mostruosa quanto invisibile. Sai cosa vuol dire perdere 120 miliardi senza accorgersene? Qua ora tutti danno la colpa alla Bce; ma se ci sono stati 8 rialzi in un anno – tantissimo – la colpa è stata delle stessa Bce che per gli 8 anni prima ha fissato i tassi a zero e rastrellato i titoli di Stato. L’uso di queste politiche monetarie espansive è come curare un malato con la Vodka. Me lo diceva sempre il mio prof Antonio Martino: sono cose che si pagano».

Pioggia di superbonus, Porro: la Ue ci prende in giro. Sembriamo governati dal Joker»

E infatti, continua Porro, ora, per combattere l’inflazione – di cui non hanno previsto gli sbalzi – gli economisti Bce ci stanno dicendo che l’inflazione calerà. Ma il track record delle loro previsioni è pessimo. Sia in Europa che negli Usa (ma negli Usa l’inflazione è più controllabile)». Considerazione che aprono il campo a un ultimo, serrato, domanda-risposta: «Davvero è stata, la pioggia di bonus, dal punto di vista del mercato, una iattura, come avevi denunciato tu stesso?». La replica è tranchant: «Quella è l’altra faccia delle politiche monetarie espansive. Il Superbonus è valso solo per 400mila appartamenti, ha creato danni, e paradossalmente, con 140 miliardi spesi, ha finanziato pure l’installazione dei caldaie anti-ecologiche che ora la Ue ci impone di cambiare. Una follia. Ci prendono in giro. Sembriamo governati dal Joker»…

 

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