Morta in Abruzzo una delle ultime vedove di Marcinelle. Rimase senza marito a 18 anni
E’ morta ieri a Manoppello, in provincia di Pescara, una delle ultime vedove del disastro di Marcinelle. Maria Di Valerio, 85 anni, era la moglie di Camillo Iezzi, uno dei 136 emigrati italiani che morirono l’8 agosto 1956, insieme ad altri 126 lavoratori provenienti da tutta Europa, nell’incendio divampato nella miniera di carbone del Bois Du Cazier a Marcinelle, in Belgio. Il marito Camillo aveva 26 anni e fu ritrovato senza vita accanto al fratello Rocco, 24enne, quando Maria Di Valerio aveva appena 18 anni; fu una delle prime ad accorrere ai cancelli della miniera allo scoppio dell’incendio. Tra le 262 vittime 60 erano lavoratori abruzzesi, 23 dei quali provenivano da Manoppello, per questo considerata “Città Martire”. “La signora Maria ci ha dato forza e ce ne darà ancora, per la passione con cui ha ricevuto in tutti questi anni per mantenere viva la memoria del marito e di tutte le vittime del disastro e per dare valore al tema dell’emigrazione italiana in generale, fatta di coraggio e sacrificio” ha dichiarato Davide Castellucci, presidente dell’associazione ” Marcinelle- per non dimenticare”, sorta nel 2016, di cui Maria Di Valerio era socia onoraria.
Il disastro di Marcinelle e l’Italia dei migranti laboriosi
262 morti . Il disastro del Belgio fu una specie di spartiacque di decenni del dopoguerra in cui tanti nostri connazionali morivano in miniera. Dalla Svizzera alla Germania, quella generazione di “spaghetti”, magistralmente raccontata nel capolavoro di Brusati “pane e cioccolata , con un meraviglioso Nino Manfredi, consentì la crescita economica di tanti paesi del nord Europa. Solo sette persone sopravvissero alla tragedia belga. Era l’8 agosto, lo stesso tragico giorno della bomba su Hiroshima. Il ministro Tremaglia, che da parlamentare del Msi si recava ogni anno nei luoghi del disastro, ottenne che quella giornata fosse sancita ufficialmente dal ricordo. Lo scorso anno Giorgia Meloni, non ancora presidente del Consiglio, ricordò in una lettera al Corriere della Sera la giornata del 1956 e l’impegno di Tremaglia a farla diventare momento di cordoglio nazionale.