Il virologo Silvestri: dai lockdown danni immensi a poveri e giovani. La sinistra pagherà un prezzo altissimo

5 Giu 2023 13:23 - di Roberto Frulli
ROBERTO_SPERANZA

Le restrinzioni anti-Covid, attuate durante durante la pandemia per fronteggiare il virus e, in particolare, il ripetuto ricorso ai lockdown , a causa di una “visione difensiva ed a senso unico della salute pubblica” ha causato, sostiene il noto virologo, patologo e immunologo, Guido Silvestri, professore Ordinario a  capo del Dipartimento di Patologia all’Emory University di Atlanta, negli Usa e a capo del board internazionale dell’Istituto Spallanzani di Roma ” danni immensi ai più poveri, più deboli, e più giovani, e per questo ultimo punto temo che i partiti di sinistra pagheranno un prezzo carissimo“.

Con un post pubblicato sulla sua pagina Facebook, Silvestri, che ha rappresentato durante la pandemia un punto di vista diverso e non organico rispetto a tanti colleghi e alle tante virostar vanitose che sgomitavano per essere invitate in tv e fare gli opinionisti nelle trasmissioni, racconta come gli Stati Uniti stanno ripianificando e riprogettando, alla luce di ciò che è accaduto nel 2020, la Sanità pubblica dal punto di vista epidemiologico con un approccio innovativo. Che, suggerisce il virologo marchigiano, potrebbe essere adottato, sia pure in scala, anche in Italia.

Lo studioso italiano accreditato negli Stati Uniti, parla di “cavalleria del Cdc“, i Centri americani per il controllo e la prevenzione delle malattie. Ed esprime “entusiasmo per la recente decisione del Cdc” che sta valutando “di investire 262 milioni di dollari nei prossimi 5 anni sulla ricerca di nuovi modelli epidemiologici per pandemie e malattie infettive emergenti“.
“Ma cosa possiamo fare nella nostra Nazione per evitare di commettere gli stessi errori nel caso di una nuova pandemia?”, si chiede Guido Silvestri.

“Immagino, ovviamente, che la situazione di bilancio non permetta di trovare anche un decimo della cifra stanziata negli Usa per creare una nuova ‘generazione’ di centri dedicati a studi epidemiologici ‘cutting edge (all’avanguardia, ndr) che permettano al paese di uscire, una volta per tutte, dalla fase dei modelli della serie: ‘se interrompiamo il lockdown a maggio ci saranno 150.000 persone in terapia intensive entro giugno‘”, dice il virologo senigalliese.

“Detto questo, spero che il ministro Orazio Schillaci, che ho avuto occasione di conoscere nel novembre scorso, parta dal concetto che l’epidemiologia, per mille motivi, si nutre di studi che tengono conto delle specificità geografiche, storiche, economiche di ogni paese, per convenire come non sia possibile, per l’Italia- avverte Silvestri – abdicare ad una presenza scientifica di alto livello e indipendente dalla politica nel settore delle analisi quantitative dei fenomeni epidemici e pandemici“.

I fondi Usa sono destinati, spiega nel dettaglio Silvestri, “alla creazione di 13 ‘Centers for Outbreak Analytics and Disease Modeling‘ (ed Emory parteciperà a questo bando). E’ questo l’ennesimo esempio – dopo quello trionfale del programma ‘warp speed’ per i vaccini Covid – di come il governo Usa sappia, in fase di emergenza, investire sulla scienza come soluzione dei nostri problemi di salute“, ragiona Silvestri. Che ricorda: “Al di là del formato scelto dal Cdc, un aspetto importante di questa notizia sta nell’implicita ammissione, da parte degli scienziati che si occupano di ‘modelli’, di come la risposta epidemiologica al Covid sia stata inadeguata a molti livelli“.

Il noto virologo italiano elenca alcuni dei limiti emersi. “Ma il peccato più grave – aggiunge – ormai ammesso da tutti gli epidemiologici seri, sta nella insufficiente considerazione degli effetti collaterali delle restrizioni anti-Covid (ed in particolare i ‘lockdown‘), a causa di una visione difensiva ed a senso unico della salute pubblica” che “ha causato danni immensi ai più poveri, più deboli, e più giovani, e per questo ultimo punto temo che i partiti di sinistra pagheranno un prezzo carissimo“.

Il programma Warp Speed, lanciato da Donald Trump, era una partnership pubblico-privata che avrebbe dovuto accelerare lo sviluppo, la produzione di massa e la distribuzione dei vaccini negli Usa mettendo in conto – senza nasconderlo come, invece è stato fatto – che alcuni non si sarebbero dimostrati sicuri o efficaci data la velocita di realizzazione ma accorciando sensibilimente i tempi. L’obiettivo dello sforzo era produrre e fornire 300 milioni di dosi di vaccini sicuri ed efficaci con le dosi iniziali disponibili entro gennaio 2021.

Il governo Usa avrebbe coordinato e sorvegliato, quindi, il lavoro delle aziende farmaceutiche mondiali, mettendo in campo, oltre al denaro necessario – un investimento iniziale di 10 miliardi di dollari – anche le proprie agenzie, come la Food and Drug Administration, e i propri Dipartimenti, Difesa, Agricoltura, Salute, etc. Un programma che ha avuto alti e bassi con la resistenza di alcune aziende per sottrarsi ai controlli.

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