Beatrice Venezi: “Il governo sta realizzando i miei sogni. Meloni trasformerà il Paese”

6 Mag 2023 10:52 - di Alberto Consoli
Beatrice Venezi Meloni

Bella intervista a Beatrice Venezi, 33 anni, lucchese, fiore all’occhiello della musica italiana, direttore d’orchestra, come ama definirsi da sempre, tra i più giovani al mopndo, apprezzatissima e contesa nel mondo. Alla vigilia della presentazione di Taormina Arte e del Taormina Film Fest da lei curati, ha rilasciato un’intervista a tutto tondo alla Stampa: «Io stessa condurrò il Trittico di Puccini con un lavoro da talent scout di giovani musicisti insieme alla Fondazione Pavarotti. A Taormina poi si ricomincia a produrre con una Turandot». Consigliere musicale al ministro della Cultura, arriva subito la domanda maliziosa: Veneziani, Buttafuoco, Sangiuliano… fa ormai parte dell’intellighenzia di destra? Risponde Venezi: «Con Veneziani e compagna siamo amici da anni. Buttafuoco era a Parigi per parlare con Stefania Auci di “sicilitudine”. E ci accomuna la passione per il teatro e il mio ruolo di direttore artistico della Fondazione Taormina Arte».

Beatrice Venezi: l’intervista alla Stampa

Insiste Francesco Rigatelli: Si sente la testimonial della nuova Italia? Lei ne è lusingata. «Sarebbe un complimento, ma mi piace pensare di esserlo a prescindere dall’area culturale di appartenenza. Parlo di musica senza preconcetti e il mio lavoro non ha connotati politici». Rivendica, come sempre in altre interviste, la sua provenienza: «Provengo da una famiglia dai valori conservatori, ma credo nella libertà dell’arte». E rilancia: «Anzi, proprio questo bisogna porsi come obiettivo: liberare la cultura dalla retorica e dall’oppressione che ha subito negli ultimi 70 anni». E a proposito di musica, rivela sicurezza anche sulla domanda insidiosa sulle polemiche della sinistra su Carlo Fuortes, che potrebbe finire al Teatro San Carlo di Napoli al posto del settantennte Lissner. «Penso sia una scelta legata agli equilibri politici interni alla parte che l’ha espresso. Al di là della singola persona, che non conosco, in generale sarebbe auspicabile un ricambio generazionale a tutti i livelli. Bisogna intercettare un pubblico nuovo che spesso fa fatica ad avvicinarsi al teatro lirico come forma di intrattenimento. Non lo dico in senso spregiativo: l’opera è un valore italiano che definisce la nostra identità, ma si tratta di qualcosa che nasce come intrattenimento pur veicolando la tradizione».

Beatrice Venezi a tutto tondo su musica, carne sintetica, 25 aprile

Per Beatrice Venezi il concetto di tradizione è un grande valore: «Oltre alla musica, la famiglia e il sentimento di appartenenza non sempre così diffuso alla nazione. In Francia per esempio ho provato invidia per il loro forte patriottismo, mentre noi ci denigriamo sempre». Risponde sicura di sé e dei suoi valori. Ricordiamo un’altra sua celebre intervista in cui dichiarò di “ringraziare Dio per non avere avuto genitori come la Cirinnà. Riconoscendosi nei valori di Dio, Patria e famiglia“. Dunque risponde preparata. “Se le chiedo della carne sintetica mette mano alla bacchetta?”, le chiedono. «Purtroppo non ne escono gli incantesimi di Harry Potter, ma la “ciccia” per un toscana non si tocca. E non sono un’esperta, ma pure i processi di laboratorio pare inquinino». Arriva la domanda immancabile sul 25 aprile: «Il nostro Paese deve fare pace con se stesso. Penso che il 25 aprile sia un tema storico e vada trattato come tale, non per fare polemica politica strumentale. Se ne dovrebbe parlare guardando ai fatti per andare avanti serenamente, senza contrapposizioni che per la mia generazione risultano superate».

“Giorgia trasformerà il nostro pachidermico Paese”

Specifica meglio. La pacificazione può avvenire attraverso «la conoscenza reale dei fatti -risponde- . La dittatura, la Resistenza, i partigiani, la Seconda guerra mondiale e la guerra civile: ogni avvenimento va contestualizzato nella Storia e non dell’ideologia». “Siamo tutti antifascisti?”, suona un’altera domanda che però non la mette afatto in difficoltà, anzi. «Parlare di fascismo o di comunismo, al di fuori della Cina almeno, risulta superato. L’accettazione da parte di tutti della democrazia mi pare fuori discussione. Così come l’indisponibilità al ritorno di ogni dittatura. In Europa non vedo questo rischio per fortuna. E la fermezza del governo sull’Ucraina mi pare un segnale eloquente in tal senso». Poi si torna sul terreno culturale: «Nella destra attuale trovo una maggiore identità e un’attenzione più forte verso i temi a me cari». Gran parte del merito li ha Giorgia Meloni, spiega.

“Il governo potrà cambiare gli schemi culturali della sinistra”

“Merito della sua amica Giorgia?”. In gran parte sì, risponde Venezi che da sempre stima il premier: «Ci sono tante cose che ancora non è riuscita a fare e che spero affronti nel corso della legislatura. Non si può pretendere che trasformi il Paese in pochi mesi. Sottolineerei il successo nelle prove internazionali, in cui ha dimostrato di essere all’altezza. E si è messa in gioco con coraggio sul piano interno andando al convegno della Cgil. Insomma, vedo tutte le premesse per un mandato di successo e per la trasformazione del nostro pachidermico Paese». Bordate alla cultura di sinistra, nutre infatti una grande speranza: «Nel mio settore vorrei che venisse rinnovato dopo oltre vent’anni il contratto dei lavoratori dello spettacolo. Sarebbe una grande vittoria politica della destra. Che sovvertirebbe gli schemi con la sinistra». Si congeda con un consiglio: vorrebbe vedere  Meloni «sorridere di più. Lavora troppo e ne risente, mentre potrebbe provare a infondere più fiducia e positività negli italiani. In questo senso le suggerisco l’esempio delle ballerine classiche, che pur stando sulle punte sorridono».

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