Zangrillo sfata il mito del posto fisso: “Lo lasciamo a Checco Zalone, i giovani cercano altro”
In un discorso sul rilancio di immagine e sistema della macchina della pubblica amministrazione, il ministro Zangrillo chiarisce come e perché lavoro e posto fisso non devono obbligatoriamente essere sinonimi. Anche perché, sottolinea, «oggi i giovani cercano un lavoro figo»: ossia una dimensione professionale che possa premiare i meriti e valorizzare i talenti. E allora sono anche queste, non a caso, le coordinate che segue il ministro della Pa, Paolo Zangrillo. Il quale, a margine di una lectio alla Scuola di amministrazione aziendale, sfatando il mito del posto fisso, rilancia: «Sta per essere soppiantato dal mito del lavoro figo». Un’affermazione che è anche una dichiarazione d’intenti, e che oltre a smentire convinzioni e convenzioni, allude chiaramente a un’inversione di rotta del governo e della collettività, sia in direzione politica che verso un traguardo sociale.
Zangrillo: «Il posto fisso? Lo lasciamo a Checco Zalone…»
Tanto che, a stretto giro, il ministro nel suo intervento aggiunge: «Oggi i giovani non cercano la stabilità. Cercano un virtuoso equilibrio tra l’attività professionale e la loro vita privata. Quindi quando cercano il posto di lavoro non si accontentano di un posto fisso: vogliono avere un lavoro che sia ben retribuito. Capace di valorizzarli. E che dia loro delle opportunità di crescita, in grado di bilanciare l’aspetto professionale con quello della vita privata. Quindi – ha sottolineato ironicamente il ministro Zangrillo – io direi che il mito del posto fisso lo lasciamo a Checco Zalone»…
Sulla necessità di valorizzare il merito
«Bisogna smentire il racconto di una pubblica amministrazione lenta, arcaica, piegata su sé stessa»
«Dal reclutamento, alla formazione. Passando per la misurazione dei risultati, bisogna partire dalle persone, interrompendo quella narrazione fuorviante che poggia le basi su una distinzione, tanto reiterata quanto obsoleta, tra aziende pubbliche e aziende private. Dipendenti pubblici e dipendenti privati», ha continuato Zangrillo. Che poi ha anche assicurato: «Lavorerò al limite delle mie forze per superare il racconto di una pubblica amministrazione lenta, arcaica, inefficace, piegata su sé stessa. Una immagine generalizzata che non tiene conto delle eccellenze. Della dedizione. E dell’impegno costante che le amministrazioni tutte, centrali e territoriali, mettono al servizio del Paese».
Zangrillo e la sfida sul tema delle retribuzioni
Una realtà che, osserva il ministro, «ho potuto toccare con mano durante le iniziative di confronto che ho avviato in tutta Italia». E che, sottolinea, apre al discorso delle retribuzioni. Un nodo centrale sul quale il ministro rileva: «Il tema della retribuzione è una delle voci su cui lavorare per rendere attrattiva Pa. Il vero problema è accompagnare la crescita retributiva delle persone come avviene nel settore privato, e una delle chiavi è il merito». Zangrillo ha poi ribadito che «l’impegno della pubblica amministrazione sui nuovi inserimenti è una sfida di straordinaria importanza perché noi veniamo da 10 anni di desertificazione della Pa».
Assunzioni e lotta alla precarietà tra merito e necessità di stabilizzazione
«Abbiamo perso 300mila persone negli ultimi dieci anni. L’anno scorso abbiamo ricominciato ad assumere, e ne abbiamo inseriti 173mila. E lo stesso numero verrà inserito nel 2023. E così andremo avanti fino al 2026, assumendo circa 150mila persone. Lo faremo sia in logica di sostituzione turnover. Sia per rafforzare tutte quelle competenze che servono soprattutto agli enti territoriali per la realizzazione dei piani del Pnrr».
Zangrillo, il decreto Pa nel dettaglio
A questo proposito, il ministro ha ricordato: «Abbiamo approvato la scorsa settimana in Cdm il decreto Pa che prevede oltre ad altre assunzioni – circa 3mila, di cui 2mila nel comparto sicurezza, e mille per il rafforzamento competenze – una norma molto importante soprattutto per gli enti territoriali. E che prevede la possibilità di stabilizzare persone assunte nel passato con contratto a tempo determinato, e che hanno maturato almeno 36 mesi nella pubblica amministrazione. Uno dei lamenti degli enti locali è che le assunzioni a tempo determinato sono sinonimo di precarietà e scarsamente attrattive – ha concluso a questo punto Zangrillo –. Dunque, con questo meccanismo diamo un messaggio tranquillizzante alle persone: chi si comporta bene, avrà la possibilità di essere stabilizzato».