Sostituzione etnica, ecco lo studio dell’Onu che ne parlava già nel 2000 e che dà ragione a Lollobrigida
C’è un documento di 177 pagine, firmato nientedimeno che dall’Onu, in particolare dal Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite che dimostra, per tabula, che il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida aveva ragione quando l’altroieri ha messo in guardia sul rischio di sostituzione etnica.
Il documento è uno studio condotto, proprio dalle Nazioni Unite, esattamente 23 anni fa e rilasciato al pubblico il 21 marzo 2000, per esaminare la possibilità di utilizzare la sostituzione etnica per fronteggiare il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione.
E infatti, non a caso, il titolo dello studio, che non lascia spazio a dubbi, è: “Replacement Migration: Is it A Solution to Declining and Ageing Populations?”. Ovvero: Immigrazione sostitutiva: è una soluzione al declino e all’invecchiamento della popolazione?, si chiedeva l’Onu.
Immigrazione sostitutiva? Suona proprio come sostituzione etnica.
Nelle 177 pagine del pensoso studio elaborato dalla “Divisione Popolazione” del Dipartimento degli affari economici e sociali del Segretariato delle Nazioni Unite, vengono passati in rassegna 8 Paesi, Italia compresa, oltre all’Europa nel suo insieme geografico e all’Unione Europea come realtà sovranazionale.
Accanto all’Italia spiccano la Francia, la Germania, il Giappone, la Repubblica di Corea, la Federazione Russa, il Regno Unito e l’Irlanda del Nord nel loro insieme, gli Stati Uniti e, appunto, Europa e Unione Europea.
La “Divisione Popolazione” del Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite era guidata, all’epoca, da Joseph Chamie, un demografo divenuto poi direttore della ricerca presso il Center for Migration Studies di New York e autore di volumi come “Livelli, trend e differenziali della popolazione” o “Religione e fertilità, differenze fra arabi cristiani e musulmani”.
Dunque, per quel che riguarda l’Italia, dalla pagina 112 dello studio, la “Divisione Popolazione” del Dipartimento degli affari economici e sociali dell’Onu analizza, con tutta una serie di tabelle, le stime di crescita (e di decrescita) della popolazione italiana esaminata, in maniera orizzontale, per fasce d’età, sesso, tasso di fertilità delle donne, aspettativa di vita alla nascita, morti per anno e nascite per anno, tasso migratorio netto e altri indicatori come la mortalità sotto i 5 anni, proiettando i dati iniettati nelle tabelle fino al 2050.
La conclusione è che la popolazione italiana, che nel 2000, l’anno dello studio, è di 57 milioni e 470mila individui sarà, stima l’Onu, nel 2050 di 39 milioni e 227mila persone. E che, per compensare questo calo nelle nascite e l’invecchiamento, dovrà, suggerisce l’Onu, operare la sostituzione etnica, cioè quella che le Nazioni Unite chiamano, con delicatezza – ma il senso non cambia – Migrazione sostitutiva: iniettare immigrati che vadano a sostituire la popolazione autoctona.
Sono 5 gli scenari che l’Onu prospetta. Gli ultimi tre sono appunto quelli che prevedono la sostituzione etnica per mantenere la popolazione italiana.
In definitiva, scrivono le Nazioni Unite nello studio sulla sostituzione etnica che suppone i diversi scenari, “fatta eccezione per gli Stati Uniti, i numeri di migranti necessari per mantenere la dimensione della popolazione totale (scenario III) sono notevolmente superiori a quelli ipotizzati nella variante media delle proiezioni delle Nazioni Unite (scenario I)”.
“In Italia, ad esempio – scrive il Dipartimento degli affari economici e sociali dell’Onu – il numero totale di migranti è di 12,6 milioni (o 251mila all’anno) nello scenario III contro 0,3 milioni (o 6mila all’anno) nello scenario I”.
“Per l’Unione Europea, i rispettivi numeri sono 47 milioni contro 13 milioni (ovvero 949mila all’anno contro 270mila all’anno).
Nello scenario IV, cioè al fine di mantenere costante la dimensione della popolazione in età lavorativa (dai 15 ai 64 anni), i numeri dei migranti sono ancora maggiori di quelli dello scenario III”.
Il “confronto standardizzato” sui “flussi migratori” per milione di abitanti nel 2000 “mostra che, in relazione alla dimensione del paese, il numero di migranti tra il 2000 e il 2050 necessario per mantenere la dimensione della popolazione in età lavorativa (scenario IV) è il più alto per l’Italia, con 6.500 immigrati annui per milione di abitanti, seguita dalla Germania, con 6.000 immigrati annui per milione di abitanti. Tra i paesi e le regioni studiati in questo rapporto, gli Stati Uniti richiederebbero il minor numero di immigrati, circa 1.300 per milione di abitanti, per evitare il declino della popolazione in età lavorativa”.
In definitiva, secondo il quinto scenario immaginato dall’Onu “sarebbero necessari complessivamente 120 milioni di immigrati tra il 1995 e il 2050, per una media complessiva di 2,2 milioni di immigrati all’anno”.
“La popolazione italiana risultante nel 2050 in questo scenario sarebbe – stima l’Onu – di 194 milioni, più di tre volte la popolazione italiana del 1995. Di questa popolazione, 153 milioni, o il 79%, sarebbero immigrati dopo il 1995 o loro discendenti”. La sostituzione etnica è servita. Parola dell’Onu.