Hanno ancora il vizio di considerare la destra come il diavolo: è la sopravvivenza dei “compagni”
Non mi sorprende che la destra al governo susciti ilarità, volgarità, vignette scurrili e quella continua, fastidiosa sensazione di sentirci estranei alla cultura di un Paese che già definire nazione è blasfemia dichiarata. Perché ne ho vissuto in parte modesta, dalla periferia calabrese, le ostilità e i pregiudizi. E sarebbe bello se la cifra del Novecento, soprattutto dal dopoguerra in poi, partisse dalla speculazione fatta da un mondo che ha dominato egemonicamente il potere reale, affermandosi come gramscianesimo incontrastato. Nelle università, nei giornali, nella magistratura, nel potere burocratico, soprattutto nella scuola laddove la grande madre democristiana si limitava ad assumere bidelli.
La destra e il fascino dei ragazzi tenebrosi
È vero ciò che scrive Il Domani sul fascino dei ragazzi tenebrosi che ha destato, da Telese a Veltroni, da Violante a De Gregori un interesse culturale svanito poi nel tempo. In realtà quel “ nostro mondo “ a volte deliberatamente monastico non ha interessato volutamente la sinistra, fermatasi al pregiudizio come unica possibile soluzione relazionale. Non era possibile parlare con “Il diavolo “ se quel diavolo rappresentava un totem dogmatico di sopravvivenza.
Le posizioni di Pasolini e Berto
Pasolini gridava invano e con lui, pure da un ghetto che nessuno dei premi vinti era riuscito a sottrargli, Bepi Berto, cui non è bastato scrivere il romanzo italiano più bello del Novecento per entrare minimamente nei programmi scolastici. Nessuno più di Celine rappresenta al tempo stesso la misoginia e la solitudine dei ragazzi divenuti vecchi lasciando sul campo degli anni settanta tanta intelligenza e curiosità politica. Eppure Céline, riconosciuto così grande addirittura da Sartre al punto di citarlo (unico) nell’introduzione a La Nausea, oggi scriverebbe che anche la destra non ha saputo apprezzare sufficientemente quella risorsa di anarchia e di diversità intellettuale che avrebbe tenuto testa al pensiero unico.
Quel sentimento di estraneità al presente
Né discussi una sera con la futura premier, da giovane vice presidente della Camera, che aveva già il seme di un’intelligenza politica fuori dal comune. Se molti di noi si sono auto-recintati, altri hanno vissuto da esuli, racchiudendo quel sentimento di estraneità al presente, una rassegnazione quasi totale a essere realmente ed eternamente figli di un Dio minore. Certo, in questo atteggiamento c’è anche presunzione, alterigia, a volte albagia. Quel complesso meccanismo rautiano di voler racchiudere il concetto di Storia in un diaframma che espelle contrapposizioni in realtà molto più sottili se visti da vicino. Beppe Niccolai, da eretico, fece approvare dal comitato centrale del Msi un ordine del giorno letteralmente copiato dal Pcus.
Le sfaccettature a destra
Le oscillazioni temperamentali della Destra hanno fatto il resto. Pensare a una destra risorgimentale, con tutto quello che accadde al Sud e con l’esilio del personaggio più brillante (Mazzini ) è di per sé un’utopia. Ma oggi se si parla di nazione (dimenticando che Ciampi ne fece un mantra nel suo settennato) si finisce ridicolizzati. Ancora più se si si cita l’identità cattolica, in un momento in cui persino Giovanni Paolo II diventa oggetto di dileggio e di diffamazione legittimata. Per gli “altri” la Destra è insopportabile. Ogni maledetta parola è oggetto di analisi semantica, alla ricerca di riferimenti a considerazioni che appartengono solo alle fantasie del dogma antifascista.
Preparano il “plotone di esecuzione”
Aspettiamoci un 25 aprile di polemiche. Anpi, sindacati, partiti, apriranno il plotone di esecuzione mediatico. Sarà l’occasione, ancora, per criticare in qualsiasi modo il Governo e la destra. Un’altra pagina di resistenza che vedrà insieme generazioni diverse. La gran parte delle quali figlie del fascismo. Ma questa è l’Italia, direbbe Flaiano, non una cosa seria.