Tripoli si rifiuta, l’Italia costretta a intervenire nella Sar libica. Le false accuse di Alarm Phone

13 Mar 2023 13:05 - di Paolo Lami
ALARM_IPHONE_ACCUSA_ITALIA

“Le autorità italiane hanno ritardato deliberatamente i soccorsi, lasciandole morire“: sono gravissime e da denuncia le accuse lanciate contro l’Italia dall’Ong Alarm Phone che, con una narrazione falsa, tenta di infangare l’Italia e metterla sotto pressione, non da oggi, di fronte alla comunità internazionale per le tragedie causate dagli scafisti e, in particolare, per l’ultima strage, avvenuta in area Sar libica davanti alle coste libiche, che ha provocato la morte di 30 persone cadute in acqua mentre venivano soccorse.

Il barcone, caricato dagli scafisti fino all’inverosimile, si è infatti ribaltato proprio mentre era in corso il trasbordo dei clandestini su un cargo di 107 metri, il Froland, battente bandiera di Antigua & Barbuda, che si trovava in zona e che era stato allertato dall’Mrcc, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo italiano, intervenuto Malta e la Libia si sarebbero rifiutate, secondo Alarm Phone.

Il naufragio sarebbe stato causato dagli stessi clandestini che, durante le fasi concitate di soccorso, con mare molto formato, si sono spostati tutti verso il lato del barcone in cui si trovava la Froland sbilanciando il natante, come è già accaduto in molti altri casi in precedenza, e finendo in acqua: 30 sono al momento dispersi, 17 sono stati salvati e 15 sono in arrivo in Italia mentre altri due, sono stati sbarcati a Malta perché avevano necessità di essere ricoverati.

L’Italia ha fatto molto più del suo dovere, non solo intervenendo con il coordinamento in un’area Sar che non era di sua competenza, nel momento in cui Tripoli e Malta ignoravano, secondo Alarm Phone, gli allarmi, ma anche prendendosi in carico i clandestini sopravvissuti all’ennesima tragedia provocata dagli scafisti.

Ma, cosa gravissima, sul suo Portale, Alarm Phone scrive: “30 people die due to non-assistance by the Italian authorities“. Cioè “30 persone muoiono a causa della mancata assistenza da parte delle autorità italiane“. Una dichiarazione falsa.

Trenta persone sono morte. Sarebbero ancora vive se l’Europa non avesse deciso di lasciarle annegare“, sostiene poi, in un altro passaggio Alarm Phone. Che dice di essere stata contattata, nella notte tra venerdì e sabato scorsi, da 47 persone in fuga dalla Libia sull’imbarcazione in pericolo poi naufragata. E che solo 17 superstiti sono stati “tratti in salvo dalla nave mercantile Froland. Altre 30 persone risultano disperse.

Ci avevano comunicato la loro posizione Gps, che avevamo trasmesso alle autorità italiane, maltesi e libiche alle 2:28 dell’11 marzo – dice adesso l’Ong -. La situazione era critica. La barca era alla deriva. Le condizioni meteorologiche erano estremamente pericolose – ammette Alarm Phone. – Le persone a bordo urlavano al telefono, dicendoci di avere bisogno di aiuto”.

Alarm Phone ricostruisce la vigilia della tragedia. “Abbiamo informato, ripetutamente, sia via e-mail che per telefono, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) italiano di questa situazione – dice -. Abbiamo inviato le posizioni Gps, segnalato il deterioramento delle condizioni, delle persone e dell’imbarcazione, chiedendo più volte che venisse lanciata immediatamente un’operazione di soccorso. Poco dopo il primo Sos, alle 3:01, abbiamo chiesto al Mrcc di Roma di ordinare alla nave mercantile Amax Avenue, che si trovava nelle vicinanze, di intervenire. Eppure, nonostante la vicinanza, la nave ha proseguito oltre il luogo dove si trovava l’imbarcazione, senza fermarsi. Se il Mrcc di Roma glielo avesse ordinato, sarebbe potuta intervenire”.

Nove ore dopo il primo Sos, Seabird 2, il velivolo di ricognizione di Sea-Watch ha avvistato l’imbarcazione in difficoltà, informando le autorità sulla situazione di imminente pericolo.

“Solo dopo diverse ore, navi mercantili, non mezzi italiani o facenti capo all’operazione Irini, (che si occupa di monitorare sull’esportazione illegale di petrolio e di assicurare il rispetto delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu sui divieti di traffico di armi da e per la Libia, ndr) raggiungevano il luogo dove si trovava l’imbarcazione in pericolo“.

“Questo ritardo, uno dei tanti ritardi sistematici che Alarm Phone ha documentato nel corso degli anni, si è rivelato letale. – accusa l’Ong. – Per molte ore, le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione senza intervenire. Evidentemente, le autorità italiane stavano cercando di evitare che le persone venissero portate in Italia, ritardando l’intervento in modo che la cosiddetta guardia costiera libica arrivasse e riportasse con la forza le persone in Libia, nelle condizioni di tortura da cui avevano cercato di fuggire”.

Un’altra accusa gravissima e non provata lanciata contro l’Italia come una palata di fango da Alarm Phone.

Nelle prime telefonate, le autorità libiche hanno informato Alarm Phone che avrebbero inviato un’imbarcazione sul posto. Solo successivamente hanno spiegato di non poter intervenire a causa della mancanza di mezzi. “Hanno aggiunto che a coordinare quell’evento di ricerca e soccorso era l’Italia“, dice Alarm Phone.

L’ultima comunicazione tra le persone a bordo e l’Ong è avvenuta alle 6:50 del 12 marzo. “Erano esauste e disperate, gridavano e chiedevano aiuto“, dice Alarm Phone. Che dopo quella telefonata ha inviato la loro posizione alle autorità, chiedendo di intervenire con urgenza.

“Alle 7:20, le persone a bordo ci hanno chiamato un’ultima volta, ma non si sentiva nulla. Dopo il nostro ultimo contatto, la barca si è capovolta”.

“Perché, data l’urgenza della situazione, le autorità italiane non hanno inviato immediatamente sul luogo dell’emergenza mezzi di soccorso adeguati? – chiede Alarm Phone. – Perché hanno esitato a dirigere le navi mercantili vicine verso l’imbarcazione in pericolo, nonostante fossero a conoscenza della situazione e delle condizioni critiche? Dov’erano gli assetti dell’operazione navale Irini dell’Ue e, se disponibili, perché non sono intervenuti? Perché le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione e non hanno cercato di soccorrere le 47 persone, prima che l’imbarcazione si capovolgesse? Perché le cosiddette guardie costiere libiche non erano disponibili a intervenire? Perché, pur sapendo che le autorità libiche non potevano intervenire, le autorità italiane continuano a indicarle come autorità responsabili? Perché le Ong di soccorso sono bloccate nei porti italiani? Perché, dopo il naufragio letale di Crotone, che si somma a innumerevoli morti e scomparse avvenute nel Mediterraneo negli ultimi anni, l’Ue continua a militarizzare i suoi confini, a scoraggiare le persone in movimento e a lasciarne annegare migliaia?”, conclude l’Ong.

Dal canto suo la Guardia Costiera oppone alla ricostruzione capziosa di Alarm Phone la sua versione ricordando che, nella notte dell’11 marzo, “Watch the Med – Alarm Phonesegnalava al Centro Nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma, a quello maltese e a quello libico una barca con a bordo 47 migranti, in area Sar libica a circa 100 miglia dalle coste libiche“.

“Successivamente l’unità veniva avvistata dal velivolo “Ong Seabird 2 il quale procedeva ad inviare una chiamata di soccorso e contattava il mercantile “Basilis L che confermava di dirigere verso il barchino. Tutte le informazioni venivano fornite anche alle Autorità libiche e maltesi. Il mercantile “Basilis L” comunicava di avere il barchino a vista, fermo alla deriva, e di avere difficoltà a soccorrerli a causa delle avverse condimeteo in zona“.

“Le Autorità libiche, competenti per le attività di ricerca e soccorso in quell’area, a causa della mancanza di disponibilità di assetti navali, chiedevano il supporto, così come previsto dalle Convenzioni Internazionali sul soccorso in mare, del Centro Nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma che, su richiesta delle autorità libiche, inviava nell’immediatezza, un messaggio satellitare di emergenza a tutte le navi in transito. La Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma, oltre al mercantile “Basilis L” che rimaneva vicino al barchino, inviava 3 mercantili presenti in zona verso il natante in difficoltà.”.

Questa ricostruzione smentisce integralmente quanto sostenuto da Alarm Phone.
Le operazioni di trasbordo dei migranti iniziavano alle prime luci dell’alba da parte di uno dei 4 mercantili che avevano raggiunto il barchino in difficoltà.
Durante le operazioni di soccorso da parte della motonave “Froland”, il barchino durante il trasbordo dei migranti si capovolgeva: 17 persone venivano soccorse e recuperate dalla nave mentre risultavano dispersi circa 30 migranti. Due dei migranti recuperati a bordo dalla motonave “Froland” che dirige verso l’Italia, necessitano di assistenza medica e, pertanto, il mercantile dirigerà dapprima verso Malta per lo sbarco delle due persone per le urgenti cure mediche”.

Le operazioni di ricerca dei dispersi “continuano con l’ausilio dei mercantili presenti in zona, con ulteriori due mercantili che stanno raggiungendo l’area di ricerca e col sorvolo di due assetti aerei Frontex“.
“L’intervento di soccorso è avvenuto al di fuori dell’area di responsabilità Sar italiana – ricorda la Guardia Costiera – registrando l’inattività degli altri Centri Nazionali di coordinamento e soccorso marittimo interessati per area”.

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Giacomo Russo 13 Marzo 2023

    Si ho capito, ma vogliamo incominciare a fare anche noi denunce e quantomeno portarli a processo?