Illegale il prestito-ponte ad Alitalia, dovrà restituirlo. Il disastro dei governi Gentiloni e Conte due
È stato considerato illegale dalla Ue e, quindi, va restituito, il prestito-ponte da 400 milioni di euro concesso, nel 2019, dal governo italiano, in particolare dagli ’esecutivi Gentiloni e poi Conte due, ad Alitalia Società Aerea Italiana spa e alla sua controllata Alitalia CityLiner.
Lo ha deciso la Commissione Europea concludendo che il prestito-ponte da 400 milioni di euro considerato illegale per le norme dell’Ue sugli aiuti di Stato deve, a questo punto, essere recuperato, compresi gli interessi, da Alitalia.
Il prestito-ponte, spiega la portavoce della Commissione Europea per la Concorrenza, Arianna Podestà, durante il briefing con la stampa a Bruxelles, dovrà essere recuperato dallo Stato italiano, per quanto possibile, insinuandosi al passivo della compagnia aerea, oramai in amministrazione straordinaria.
“L’amministrazione straordinaria di Alitalia è tuttora in corso – spiega la portavoce – con l’obiettivo di completare la liquidazione dei beni della compagnia. L’Italia ha il dovere di recuperare l’aiuto incompatibile con le norme Ue, più gli interessi, da Alitalia, per rimuovere la distorsione del mercati” provocata dalla misura.
“Nel caso di una impresa insolvente – prosegue la portavoce – l’eliminazione della distorsione della concorrenza può essere ottenuta registrando le richieste relative all’aiuto illegale nella gerarchia dei creditori della procedura fallimentare in corso sotto l’amministrazione straordinaria. Pertanto i 400 milioni saranno ripagati da Alitalia entro i limiti dei ricavi ottenuti dalla vendita dei beni della compagnia e dal valore di qualsiasi bene rimanente che non venga venduto”, conclude.
Ma quanto è costata Alitalia agli italiani? Secondo Assoutenti, fra salvataggi, aumenti di capitale e contributi pubblici, Alitalia è costata circa 519 euro a famiglia, 224 euro a cittadino residente, neonati compresi”.
“Negli ultimi 50 anni lo Stato ha più volte aperto il portafogli per iniettare liquidità nelle casse di Alitalia ed evitare il fallimento della compagnia aerea”, ricorda il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi: “prima dell’ingresso di Ethiad in Alitalia, lo Stato italiano ha speso 7,4 miliardi di euro tra aumenti di capitale, prestiti e altri contributi pubblici”.
Ma non è finita qui. “Successivamente al 2014 e a causa dell’aggravarsi della situazione finanziaria dell’azienda, i governi che si sono succeduti hanno regalato altri soldi ad Alitalia, tra ricapitalizzazioni, prestiti-ponte fino ad arrivare ad altri 3 miliardi. A questi miliardi si sono poi aggiunti nel 2021 ulteriori 3 miliardi di euro del Decreto Rilancio e degli indennizzi per la crisi Covid”.
“Il conto totale dei salvataggi di Alitalia sale così a 13,4 miliardi di euro di soldi pubblici, risorse sottratte alla collettività e su cui oggi l’Europa bacchetta giustamente l’Italia, colpevole di aver gettato denaro in un pozzo senza fondo”, conclude l’associazione.
Anche la Commissione Europea ripercorre la complicata storia di Alitalia gestita da un management che ha fatto disastri colossali.
Nel maggio 2017, ricorda la Commissione, Alitalia è finita in procedura concorsuale speciale, continuando comunque ad operare come compagnia aerea.
Per mantenerla in attività, nel 2017 e nel 2019 lo Stato ha concesso ad Alitalia prestiti rispettivamente per un importo di 900 milioni di euro e 400 milioni di euro, prestiti che non sono mai stati rimborsati.
Nel 2018 la Commissione ha avviato un’indagine formale per stabilire se due prestiti concessi nel 2017 (per un totale di 900 milioni), con il governo Gentiloni, fossero conformi o meno alle norme dell’Ue.
Nel febbraio 2020, inoltre, la Commissione ha avviato un’indagine anche sul prestito aggiuntivo di 400 milioni di euro concesso dall’Italia il 26 ottobre 2019, con il governo Conte due.
Nel settembre 2021 la Commissione ha concluso che i prestiti da 900 milioni del 2017 erano illegali.
Oggi la Commissione ha concluso che, concedendo nel 2019 il prestito di 400 milioni ad Alitalia, l’Italia non si è comportata come avrebbe fatto un operatore privato, poiché non ha valutato in anticipo la probabilità di rimborso.
Il prestito mirava a garantire la continuità del servizio dei voli nazionali e internazionali di Alitalia.
Per la Commissione il prestito non poteva essere approvato neppure come aiuto al salvataggio, in base alle linee guida sugli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione.
In particolare, Alitalia aveva già beneficiato di aiuti precedenti, cioè i due prestiti del 2017. Pertanto, il nuovo prestito da 400 milioni ha violato l’obbligo ‘una tantum’, previsto dalle linee guida.
Su questa base, oggi la Commissione ha concluso che nessun investitore privato avrebbe concesso, all’epoca, il prestito alla compagnia. Pertanto, il prestito ha dato ad Alitalia un “ingiusto vantaggio” economico rispetto ai concorrenti sulle rotte nazionali, europee e mondiali, che costituiva un aiuto di Stato incompatibile con le norme Ue.
L’Italia dovrà ora recuperare da Alitalia l’aiuto di Stato illegittimo, ma non è detto che ci riesca.
Ita, in ogni caso, con tutto questo non c’entra nulla: la Commissione ha già rilevato, nel settembre 2021, che Ita Airways, che ha acquisito parte degli asset di Alitalia nel 2021, non è il successore economico di Alitalia.
Pertanto, non è tenuta a rimborsare l’aiuto di Stato illegale ricevuto dalla compagnia dalle cui ceneri è nata.
L’indagine della Commissione sul prestito del 2019, riportano i documenti archiviati nel registro dell’esecutivo Ue, era partita dalle segnalazioni di due compagnie aeree, che hanno chiesto e ottenuto di rimanere anonime.
Tra gli elementi che l’esecutivo comunitario cita a sostegno dell’asserzione che l’Italia non si è comportata come un operatore di mercato, ci sono anche i “comunicati stampa rilasciati dopo la concessione del prestito”, i quali “indicherebbero che l’Italia sembrava basarsi su considerazioni che un operatore di mercato non avrebbe tenuto in considerazione”.
Vengono riportate anche le dichiarazioni fatte dall’allora ministro dello Sviluppo Economico, il grillino Stefano Patuanelli: il 28 novembre 2019, ricorda la Commissione, il ministro dello Sviluppo economico aveva dichiarato che Alitalia “non fallirà, mi sento di poterlo garantire”.
Il 17 dicembre 2019, aggiunge la Commissione, “lo stesso ministro ha dichiarato alla stampa che ‘ci sono criticità (con riguardo ad Alitalia) da affrontare in modo serio’, partendo dal fatto che ‘non prendo in considerazione l’idea di mettere aerei a terra‘”.
Nonostante le richieste della Commissione, concludeva ancora l’esecutivo Ue, “l’Italia non ha presentato alcun documento che dimostri che lo Stato, prima di concedere il prestito del 2019, ha effettuato una valutazione della potenziale redditività dell’investimento e della probabilità della restituzione di tale prestito”.
Piange il cuore vedere AZ fare questa fine. Ci si chiede ora, chi l’ha voluto? Chi l’ha gestita senza sapere che era una compagnia aerea e non un lotto di terreno ?
Si sono succeduti decine di amministratori ma nessuno sapeva cosa era una compagnia aerea. Uno dei danni piu’ grossi che hanno contribuito alla morte di AZ, sono stati i sindacati, in primis la CGIL che ha sostenuto centinaia di nulla facenti oltre all’enorme quantita’ di impiegati, molti dei quali inutili causa le famose raccomandazionio, ecc. ecc.
Ma ci sarebbe da scrivere fiumi di aneddoti in merito alla sua morte.
L’Alitalia degli anni 60 con la sua sede di Viale Maresciallo Pilsduski con a capo Velani, Maspes e altri che venivano dal vero ambiente aeronautico, era la vera AZ.
Peccato un vero peccato.
spero che qualcuno vada veramente in galera:chi ha sbagliato paghi!!!!!
Basta Stato nelle aziende. Chi ha il fisico cammini. Chi non cammina muore.
Sarebbe ora che l’ITALIA chiuda la compagnia Aerea “ALITALIA” – non è mica obbligatorio avere una compagnia aerea di bandiera- anche la Svizzera l’aveva che poi è fallita e nessuno ha mosso un Franco x salvarla
In questa fallimentare operazione vi è un aspetto che è da sempre risultato determinante, cioè l’eccesso di personale rispetto al servizio svolto, con riferimento ad altre compagnie aeree. Ogni volta che una compagnia aerea od un gruppo di compagnie intendeva entrare nel capitale di Alitalia oppure acquistarla, poneva come condizione la riduzione di migliaia di dipendenti. Nonostante fosse evidente che il problema fosse quello, le Organizzazioni sindacali hanno sempre rifiutato di considerare il problema e questo ha perpetuato il disagio economico della compagnia, i continui aiuti di stato e l’aumento del debito pubblico a carico di tutti gli italiani. La compagnia sarò stata anche male amministrata ma i Sindacati hanno contribuito molto a favore di pochi e a sfavore di tutti.