Il blocco degli ex Br dalla Francia è uno schiaffo e una violazione del Trattato tra Quirinale ed Eliseo
29 Mar 2023 13:13 - di Lorenzo Peluso
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Facciamo fatica, questa è la verità, ad ingoiare un rospo troppo grande. Il tempo, spesso lo riteniamo medico di ogni male, capace di curare le ferite. Ma non in questo caso. Uno sgarbo istituzionale che assomiglia ad uno schiaffo in pieno viso. Non possiamo, pur volendo, dare altro significato alla decisione della Corte di Cassazione francese che ieri ha confermato in modo definitivo il rifiuto di estradare dieci ex Br, terroristi rossi italiani rifugiatisi in Francia da decenni. Non un capriccio politico, neppure un vezzo ideologico quello del nostro Paese che da anni richiede alla Francia l’estradizione di cittadini italiani condannati in via definitiva per atti terroristici durante gli anni di piombo.
La decisione della Francia sui Br e il Trattato del Quirinale
E’ uno strappo quello della giustizia suprema francese anche al “Trattato del Quirinale” siglato con tutti gli onori del caso il 26 novembre 2021 a Roma tra il presidente Sergio Mattarella ed il presidente francese Emmanuel Macron. E’ infatti una violazione precisa del Comma 3 dell’Articolo 4 – Politiche migratorie, giustizia e affari interni che letteralmente recita: “Le Parti rafforzano la loro cooperazione, a livello bilaterale e a livello europeo, nella prevenzione e nella lotta contro le minacce criminali transnazionali gravi ed emergenti, in particolare la lotta contro la criminalità organizzata e il terrorismo, valutando una partecipazione congiunta agli strumenti europei (…)”. Dunque è chiaro che occorre ora attivare un altro Comma 3, quello dell’Articolo 12 – Disposizioni Finali: “Il Trattato ha durata indeterminata, fatta salva la facoltà di ciascuna Parte di denunciarlo con un preavviso di almeno dodici mesi per via diplomatica. In questo caso, il Trattato cessa di essere in vigore al compimento di sei mesi dopo la data di ricezione della denuncia (…)”. Oppure, quanto meno attivare al più presto il Comma 1 dello stesso Articolo 12, “Le divergenze o le controversie relative all’interpretazione e all’applicazione del Trattato sono risolte in via amichevole tramite consultazioni e negoziati diretti tra le Parti”.
I beneficiari della linea soft di Parigi
Con la decisione di ieri a Parigi, la Cassazione francese ha validato definitivamente la decisione della Corte d’appello di Parigi, che nel giugno 2022 si era opposta alla consegna dei terroristi rossi all’Italia affermando che va rispettato il loro diritto alla vita privata e familiare cosi’ come il loro diritto a un processo equo. Incredibile, ma vero. Un processo equo ed il diritto alla vita per coloro che in quegli anni, senza ombra di dubbio alcuno, ben oltre le verità giudiziarie, sono tutti responsabili di attentati e omicidi, figure di spicco autori di stragi ed esecuzioni di strada. Hanno nomi e cognomi e precise responsabilità. Il fondatore di Lotta Continua, ritenuto il mandante dell’omicidio del commissario di Pubblica sicurezza Luigi Calabresi. Giorgio Pietrostefani, abruzzese di 79 anni. Poi Narciso Manenti, riconosciuto quale l’assassino dell’appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, 50 anni, ucciso davanti al figlio 14enne a Bergamo, nel marzo 1979, in uno studio medico, dove il terrorista fece irruzione con l’intento di sequestrare un medico in servizio presso gli Istituti penitenziari di Bergamo. La 68enne Marina Petrella, brigatista responsabile dell’omicidio del generale Galvaligi così come la 66enne Roberta Cappelli, sul suo conto pendono le stesse condanne.
Tutti criminali, nessun pentito
C’è poi il 67enne Giovanni Alimonti condannato per il tentato omicidio di un vicedirigente della Digos. Il 61enne Maurizio Di Marzio, brigatista rosso, legato all’attentato al dirigente dell’ufficio provinciale del collocamento di Roma Enzo Retrosi, nel 1981, e al tentato sequestro del vicecapo della Digos di Roma, Nicola Simone, il 6 gennaio del 1982. C’è il militato nelle Brigate Rosse Enzo Calvitti, ora 68enne, condannato in contumacia a 18 anni di carcere per associazione a scopi terroristici e banda armata. Sergio Tornaghi, condannato all’ergastolo per banda armata per l’omicidio di Renato Briano, direttore generale della “Ercole Marelli”, militante della colonna milanese Walter Alasia. Ha 71 anni Raffaele Ventura terrorista delle Formazioni Comuniste Combattenti, condannato a 20 anni di carcere per concorso morale nell’omicidio del vicebrigadiere Antonio Custra, avvenuto il 14 maggio 1977, durante una manifestazione della sinistra extraparlamentare a Milano. Infine il 74enne Luigi Bergamin ex militante dei Pac, condannato a 16 anni e 11 mesi di reclusione perché ideatore dell’omicidio del maresciallo Antonio Santoro, capo degli agenti di Polizia penitenziaria ucciso a Udine il 6 giugno 1978 da Cesare Battisti e partecipo’ all’esecuzione di Lino Sabbadin. Sono questi i nomi delle persone che hanno legato la loro vita alla morte violenta di vittime per le quali non hanno mai avuto un momento di ravvedimento.
Da Mitterand al Trattato del Quirinale con Macron
Nel mentre negli ultimi 40 anni, protetti dalla dottrina Mitterrand, il presidente socialista che negli anni ’80 si era impegnato a non estradare i terroristi, se pur condannati in Italia, si sono ricostruiti viti e famiglie, addirittura carriere professionali prestigiose. E’ un rospo troppo grande da ingoiare questo, il rifiuto di fargli pagare i conti con la giustizia e con la loro storia personale, provando così a chiudere definitivamente una pagina che ancora sanguina nella storia recente del nostro Paese. Dunque ora, saggiamente, ad agire deve essere il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, attivando in via preliminare il Comma 1 dell’Articolo 12 del Trattato del Quirinale e se non dovesse bastare, è necessario dare cessazione allo stesso Trattato, è questione di rispetto della dignità degli italiani. di