La crociata surreale di Concita De Gregorio: “scopre” che i social sono “infernali”. “Salviamoci…”
Il senso di Concita per i social. Di colpo, la De Gregorio, editorialista e conduttrice, scopre che “sabba infernale” siano; “che trappola. La reputazione, la popolarità. E invece, pensa: prima contavano l’identità, l’autorevolezza”. Improvvisamente, dunque, dalle pagine della Stampa lancia una crociata: “Fate presto, uscite dai social” (titolo). “E’ tempo di salvarsi e diventare padroni di noi stessi” (sommario). Concita De Gregorio lo specifica subito: “Non mi preoccuperò, nello scrivere queste righe, delle reazioni che scatenerà sui social domattina”.
Concita De Gregorio lancia l’anatema contro i social
Fa un po’ sorridere: da tanto tempo siamo sommersi dal pensiero di esperti, psichiatri, educatori dell’infanzia e dell’adolescenza che allertano sui “pericoli” che i social rappresentano quando usati malamente. Per dire, temi come il cyberbullismo attraversano da tempo le cronache. I consigli sui passi indietro circa la pervasività della rete nelle vite individuale si contano a iosa. L’odio social contro Giorgia Melonì è merce quotidiana da anni. Eppure, la De Gregorio, oggi che i buoi sono scappati, si atteggia a capofila di un esercito anti-social. “Ce la posso fare -scrive-devo solo pensare alla vita di prima. Me lo ricordo, quando la libertà di dire non era mai in nessun momento attraversata dal pensiero: pensa che giornata mi aspetta domani. Era meglio, senza un filo di dubbio. Era sano lavorare senza la preoccupazione preventiva del sabba infernale che comunque, anche se ti sforzi di ignorarlo, non ignora te: entra dagli interstizi, si fa spiffero e poi tempesta, c’è sempre un amico che ti avvisa: sei in tendenza, hai visto? Tendenza. Che parola assurda, senza l’indicazione di un approdo. Verso cosa tende, esattamente, questa tendenza? Che trappola”.
Concita De Gregorio, i suoi “scivoloni” criticati sui social
Senza per questo difendere gli eccessi e le derive che l’uso spudorato e incauto dei social provocano, comprendiamo il travaglio di Concita che dalle reazioni sui social è stata sovente colpita. Probabilmente è lei a “non reggere” l’urto delle critiche e delle reazioni a cui si offre chiunque esprima libermente le proprie idee. Diciamo che certe sue uscite non hanno lasciato indifferenti i social ma non solo. Ricordiamo certa suscettibilità quando Alessandro Sallusti osò chiamarla solo Concita. E lei si risentì accusandolo di sessismo. E giù polemiche. Ricordiamo quando disse in tv che Mario Draghi durante un intervento alle Camere «ha questo tono da titolare di cattedra Harvard che è finito in un alberghiero di Massa Lubrense». Un giudizio – non si offenda- molto radical chic: non a caso il preside dell’istituto citato le chiese pubbliche scuse. Quando scrisse a favore di Saviano, affermando che il termine “bastarda” all’indirizzo di Meloni era pià o meno “un inno alla libertà”; definendo l’insulto “una postura etica” più che un’offesa, fu molto criticata e non dovrebbe stupirsene. Sui social e non solo. E’ un personaggio pubblico e dovrebbe sapere come vanno le cose, soprattutto quando i giudizi sono lontani dal buon senso comune o urtano una parte del tutto.
Concita De Gregorio scopre di colpo che i social fabbricano menzogne
Per questo dietro le parole di Concita si avverte più che la preoccupazione per i social, il fastidio per le critiche a cui i social ti espongono. C’è chi le “regge” e chi apoditticamente invita ad “uscire dai social”. E a fare pure presto. In passato la De Gregorio in una sua rubrica informò di essere stata apostrofata malamente in un teatro romano: lo spettacolo aveva il titolo deplorevole: “Catarina e a beleza de matar fascistas”, firmata da Tiago Rodrigues. Traduzione “Caterina e la bellezza di ammazzare i fascisti”. Lei “osò” uscire prima del termine dello spettacolo. Fu linciata dal pubblico. Va detto: ad una pièce del genere assistevano in gran parte spettatori “democratici” da salotti buoni; che hanno notato e non gradito il gesto spontaneo dell’editorialista: “se ne va? Che è fascista? Si vergogni”, la apostrofarono. “E’ l’indignazione social trasferita nella vita – se ne lamentò nella sua rubrica su Repubblica-. Un tribunale in servizio permanente tutto attorno a noi. La gogna democratica». Anche in quel caso la De Gregorio cadde dalle nuvole accorgendosi dell’odio social. E di certa antropologia di sinistra.
Le scoperte fuori tempo massimo e il “fastidio” per le critiche
Per cui ora e solo ora i social diventano ricettacolo di menzogne. Scrive De Gregorio: “I social media manager, i costruttori di immagine del politico, della celebrità. Ma siamo sicuri che facciano un lavoro utile a loro e a noi, camuffando continuamente la vera natura delle persone? La disillusione, il sospetto, il complottismo che dilaga, il non ce la contate giusta non nascono anche dalla costante dissimulazione della verità come imperativo? La verità, insomma: sparita dietro la rappresentazione”. Anche in questo caso viene da sorridere per questa scoperta tardiva. Basta leggere i giornaloni per accorgersi e non da oggi che prevale la rappresentazione sulla realtà. Quotidiani come Stampa e Repubblica anche in queste ore si stanno esercitando in questo sport anti governativo. Stupirsi che i social seguano una parvenza di verità ci sembra francamente ingenuo.
Il ditino alzato sui social…”Meglio i poeti”
“Le persone migliori che conosco non sono sui social. Senza offesa per chi ci campa e lo capisco: i mestieri di una volta non ci sono più, questo è il mondo come va, bisogna arrangiarsi e starci. Però ripeto: statisti, inventori, poeti, navigatori, gente che pensa e scrive e lavora a costruire mondi”. Dunque, il consiglio di Concita che dall’alto della sua singola esperienza invita: “Poco a poco, non è facile. Ma poco a poco, proviamo: andiamocene da lì, torniamo noi. Inseguiamo i poeti, non gli influencer”.