Donatella Rettore, la femminista delusa e amareggiata dalla sinistra: “Ora spero nella Meloni”

30 Gen 2023 11:02 - di Marta Lima

Una grande cantante, una mente libera, schierata su posizioni femministe, anche se proprio su quel fronte arrivarono le prime delusioni politiche. In una bella intervista alla Verità, Donatella Rettore si confessa sia dal punto di vista musicale che personale, alla vigilia del festival di Sanremo al quale non parteciperà quest’anno. Donatella Rettore, però, continua a fare musica e a scrivere. La sua ultima pubblicazione è il libro “Dadauffa, memorie agitate” (Rizzoli), una sorta di autobiografia.

Donatella Rettore, la femminista delusa

L’aneddoto politico risale a qualche anno fa. «Dovevo cantare a piazza Farnese, e appena salii sul palco partirono i “buuu”. Mi assicurarono che avevo cantato meglio di tutti, ma avevo dato fastidio per come ero vestita. È stato lì che ho capito che non bisogna tanto cambiare gli uomini, quanto le donne che non capiscono che la femminilità, l’essere belle e graziose, non è un danno», ricorda alla Verità. Si dichiara ancora oggi di sinistra, la cantante di “Splendido splendente”. In politica però mai ha cambiato idea… «Mai. Firmai contro Achille Occhetto quando nel 1989 propose di cambiare il nome al Partito comunista e forse oggi il Pd dovrebbe tornare a chiamarsi così».

Il successo e gli errori

«Il successo ti stritola. E io, lo ammetto, non sono la donna forte che sembro. Il momento più bello è quando vedi le prime luci che si accendono all’orizzonte. Quando la fama arriva, però, ti chiede poi il conto. Alcune scelte, nella mia storia, le ho sbagliate di brutto, perché mancavo di una guida. Ma dagli errori si impara. Serve perdersi, a volte, per ritrovarsi. A tre anni. Scappai dalla mano di mia madre per ballare e cantare con gli orchestrali del Caffè Florian in piazza San Marco a Venezia. Il suono dal vivo degli strumenti è stato ed è tutt’ora per me una stoccata allo stomaco. Ne diventai la spina del fianco. Suor Esterina era l’unica a comprendere il mio subbuglio interiore, e mi consigliava di smussare gli angoli per il quieto vivere. Un’espressione che ancora oggi evito come la peste». Poi arrivarono le canzoni provocatorie, come “Kobra”… «Una maestra di Palermo fece un esposto perché traviavo i suoi alunni, turbavo le menti dei bambini. Ma la malizia sta solo negli occhi di chi guarda. Lamette invece fece arrabbiare Famiglia Cristiana, anzi, si arrabbiò un cardinale. Disse che avevo martoriato la sua estate e ne rido ancora, perché gli avevo fatto un dispetto attraverso i suoi nipoti».

Da Pannella alle “aperture di credito” alla Meloni

Votava Marco Pannella, poi Emma Bonino, prima che le femministe la “bullizzassero”. «So solo che la sinistra è stata vittima di un autolesionismo scientifico. Pezzo per pezzo, si è disgregata. Sono delusa: ho sognato, da ragazzina, e ora sono sconsolata. La gente è confusa, ma servono idee forti, precise. Giorgia Meloni non mi dispiace perché è determinata, non cerca il compromesso. Ci vogliono più donne al potere. Quote rosa? Ma no, che palle. Servono le capacità di una Thatcher o di una Merkel. Se poi Meloni dà un calcio in c… ai moderati mi fa un favore. Bisogna tornare ai veri ideali: un tempo si moriva per gli ideali. I giovani quando sentono la parola politica ormai si allontanano. Un tempo c’erano i ladri, ovvio, ma oggi imbrogliano di più. Vorrei una vera sinistra, un vero centro, e pure una vera destra».

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