Così Biden si è accordato con l’Fbi per non farsi perquisire la casa in Delaware

18 Gen 2023 12:36 - di Roberto Frulli
biden

Joe Biden si è accordato, attraverso i suoi avvocati, con l’Fbi, che era a caccia di documenti segreti e classificati trattenuti illegalmente dall’ex-vicepresidente di Obama, per non farsi perquisire la casa del Delaware.

Una notizia rivelata per primi dai giornalisti del  Wall Street Journal e ora confermata anche da Abcnews che cita fonti informate.

Il Dipartimento di Giustizia valutò la possibilità di mandare agenti dell’Fbi a monitorare la ricerca di documenti classificati da parte degli avvocati di Joe Biden nella casa del presidente in Delaware. Ma alla fine decise di non farlo come, invece, ha fatto con Donald Trump alla tenuta di Mar-a-Lago in Florida.

Un doppiopesismo inspiegabile che ora i repubblicani contestano, ovviamente. Gli avvocati del presidente e il dipartimento di Giustizia invece concordarono che la “perquisizione” sarebbe stata condotta direttamente dal team legale di Biden.

Un accordo raggiunto, spiegano ancora le fonti, sulla basa della collaborazione piena offerta ai procuratori federali.

In tre diverse perquisizioni dall’inizio di novembre, gli avvocati di Biden hanno così trovato documenti nella sua residenza a Wilmington e nell’ufficio frequentato a Washington dopo aver lasciato la vice presidenza.

Esperti legali interpellati dall’emittente americana sottolineano che, a quanto finora emerso, non sembra che vi fossero elementi tali da giustificare il passo drammatico e senza precedenti di una perquisizione da parte dell’Fbi della casa di un presidente in carica.

E rispetto al precedente della perquisizioni della casa dell’ex presidente Donald Trump, sottolineano la differente posizione di “collaborazione piena” offerta dal team di Biden rispetto ai sospetti di intralcio alla giustizia da parte di quello di Trump.

“Se Trump avesse avuto lo stesso atteggiamento non ci sarebbe stato grand jury, non ci sarebbe stato probabilmente un mandato di perquisizione ed avrebbe forse evitato un potenziale problema penale”, ha affermato Nick Akerman, ex-procuratore del Watergate. Ma la disparità di trattamento è chiarissima. E non giustificabile.

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